Circolare… circolare!

Perchè sotto Natale ci vogliono buone notizie per prima cosa vi segnalo questo articolo:

https://www.repubblica.it/ambiente/2018/12/14/news/dalle_ragazze_anti-plastica_il_contenitore_che_sparisce-214209746/.

Purtroppo la nostra realtà è ancora amara.

Dopo l’ennesimo rogo di plastica, questa volta in piena città di Roma, mi tocca tornare sul tema dello smaltimento circolare. La plastica si può smaltire in modo circolare in tre modi. Il primo quello del riutilizzo. Usare più e più volte un contenitore invece di gettarlo via. Mi ricordo che quando avevo circa 5 anni in televisione c’era una pubblicità con Gino Bramieri che cantava tenendo un secchio in mano: “e mo…? e mo…? E’ Moplen!” Il tutto per far conoscere agli italiani la robustezza del nuovo materiale di plastica inventato da poco, il Moplen. I secchi di Moplen erano indistruttibili. Ebbene in casa mia ci sono ancora vivi e vegeti cioè utilizzabili due secchi di Moplen comprati allora! Sono stati utilizzati e riutilizzati innumerevoli volte. Perchè quella plastica è indistruttibile. Perfino la legge in Italia non prevede che i secchi vadano smaltiti nella raccolta differenziata; i vecchi secchi e i vecchi giochi andrebbero buttati nell’indifferenziata. Pessima economia circolare.

Il secondo modo consiste nel riciclarla riducendola a palline di plastica che poi possono essere riutilizzate dalle industrie: da qui ad esempio il filo per il pile e gli oggetti di plastica riciclati. E’ economia circolare? Sì, ma il processo riesce solo per un quantitativo piuttosto ridotto assolutamente insufficiente per risolvere il problema dell’inquinamento del nostro pianeta.

Il terzo modo è quello di termovalorizzare la plastica. Bruciando la plastica usa e getta in un impianto moderno ed adeguato si ottiene che questo prodotto (che altro non è che un sottoprodotto del petrolio, cioè un idrocarburo,) generi energia. Anche questo processo che ottiene energia dalla plastica è giusto considerarlo un’economia circolare! Lo sanno bene gli abitanti di Brescia che hanno il teleriscaldamento generato dal termovalorizzatore dei rifiuti A2A.

E’ sbagliato invece definire impianto per i rifiuti quello dell’Ama che è bruciato. L’unica lavorazione dei rifiuti che effettuava era quella di triturarli e mescolarli. Perchè? Perchè in questo modo i rifiuti di Roma cambiavano classificazione da rifiuti urbani divenivano rifiuti speciali. I rifiuti urbani divenuti speciali potevano così essere estradati lontano dalla provincia di Roma, là dove qualcuno li ritirava, a carissimo prezzo, e magari riusciva anche a ricavarne energia (ad esempio nei termovalorizzatori esteri).

Quello di  buttare in discarica è invece il modo di smaltire la plastica che piace di più ai “verdi” (grillini o meno) nostrani. Altro che economia circolare, un vero disastro ecologico che vorrebbero lasciare alle gennerazioni future! Sic!

Speriamo che le generazioni future termovalorizzino tutta la vecchia plastica indistruttibile gettata ovunque a inquinare la nostra bella Terra e che riescano a sostituirla sempre più con prodotti nuovi ed ecologici come quello inventato in Svezia. E’ un augurio natalizio di buona economia circolare per tutti!

CIRCOLARE… CIRCOLARE! AUGURI… AUGURI!

Incontro a Lavena Ponte Tresa

Buongiorno a tutti! Scrivo per informarvi che il prossimo venerdì, il 23 novembre 2018 alle ore 21 sul lungolago di Lavena Ponte Tresa presso l’antica Autorimessa del Tram ci sarà una presentazione del mio ultimo libro.

Don Lorenzo Milani – con la mente aperta e il cuore accogliente – ed. Imprimatur.

Nella stessa serata alcuni studenti leggeranno brani dal libro “Lettera a una professoressa” per avvicinare le nuove generazioni alla scuola di Barbiana creata da Don Milani negli anni ’60.

Sarà l’occasione per riflettere sulla scuola di allora e di oggi e per comprendere meglio la personalità di un prete che allora fu definito “scomodo“.

Non mancate!

IMPRIMATUR_don_milani_COPERTINA

Ideologie retrò

La crisi dei vecchi partiti europei che derivano ancora dalle ideologie del 1800 è sotto gli occhi di ciascuno di noi. Vorrei riflettere brevemente sulle cause di questa debàcle epocale.

Intanto cominciamo ad esaminare gli inizi storici. In Europa l’800 vide l’affermarsi della rivoluzione industriale. Fu un processo grandioso e al contempo doloroso. Milioni di contadini si convertirono in operai cittadini. Le condizioni di lavoro inizialmente erano abbruttenti e anche le condizioni abitative erano indecorose. Fu in quel contesto che nacquero le ideologie. Il marxismo altro non fu che un’idea di economia politica che tentava di ristabilire un nuovo equilibrio sociale: migliori condizioni di vita per i lavoratori salariati. Dalla teoria si passò poi all’ideologia quando alcuni partiti misero quelle idee a fondamento del proprio programma politico.

Nel ‘900 arrivò Lenin in Russia e nacque il Comunismo, ovvero l’ideologia dei lavoratori al comando di tutto: un Paradiso in terra.

Bastò il libro di Orwell “La fattoria degli animali” a rivelare che il re era nudo? No, purtroppo no. Ormai il meccanismo ideologico era innestato e anzi prese piede sempre di più: del resto le condizioni degli operi erano ancora difficili, occorreva ancora lottare per migliorarle. Questo per quanto riguarda la sinistra.

Guardiamo a destra. Inizialmente era formata dai Conservatori. Cioè da quella classe sociale borghese che non voleva sovvertire  niente nella società visto che da essa traeva un  buon, se non ottimo, livello di benessere.

La Rivoluzione comunista in Russia, la decapitazione della famiglia dello zar Romanoff, terrorizzò tutti i conservatori d’Europa. Fu in quel momento che prese avvio una vera e propria ideologia di destra. Si organizzarono partiti anticomunisti: nacque il fascismo in Italia, prima, il nazismo in Germania, dopo.

Quell’anticomunismo becero e barbaro fu sconfitto grazie alla seconda guerra mondiale. Dopo Yalta nell’Europa occidentale i partiti di destra divennero più moderati. Comunque nel 1900 tutta la politica fu giocata da partiti politici che in un modo o nell’altro si rapportavano alle ideologie di sinistra e di destra. (Sto semplificando moltissimo, me ne rendo conto. Però su un blog non si può approfondire di più.)

Ma alla  fine del secolo, e arriviamo a noi, la situazione cominciava a logorarsi perchè i presupposti nella società stavano cambiando notevolmente. Mi riferisco all’avvento della globalizzazione e della robotizzazione. In questo nuovo contesto le ideologie divennero retrò: nude e vecchie perchè non avevano più gli strumenti per rispondere alle nuove esigenze.

Lenin aveva progettato un’internazionale socialista: operai di tutto il mondo unitevi? Ma con la robotizzazione dove erano gli operai sfruttati alla catena di montaggio? Desaparecidos, per lo più. Peggio. Con la globalizzazione nasce un’orrenda concorrenza tra operai. Vincono (si fa per dire) quelli che vivono nei paesi più poveri, cioè quelli i cui stipendi sono più miserevoli. Di più. Dove è finito il padrone contro cui lottare? Difficile dirlo perchè ormai si mimetizza benissimo dietro a multinazionali e a finaziarie internazionali. Contro chi scioperare? Contro un listino di borsa? Contro un operaio che prende meno di te all’altro capo del mondo? Contro un robot, come nel ‘700 al tempo del luddismo? Ovviamente non è possibile: ormai si è rotto il meccanismo che teneva in piedi i partiti di sinistra!

A destra? La destra estrema archiviata dalla seconda guerra mondiale (per foruna!). La destra moderata,  archiviata dalla finanza speculativa, arrembante  e ipervelocizzata dai logaritmi dei computer, a cui non si riesce più a mettere la briglia. I conservatori? Spariti anche loro come le classi sociali che rappresentavano.

Così si chiude l’esperienza delle ideologie teoriche e politiche e siamo nel 2000.

Lenin si chiedeva: “Che fare?” Ormai tocca a noi che viviamo questa nuova epoca chiederci che fare? Inventarci nuove ideologie? Non credo che sia possibile e nemmeno utile o auspicabile. Le ideologie in passato hanno dato il via a lotte fratricide anche molto cruente con spargimenti di sangue. Sarebbe bello che il futuro vedesse un’umanità meno cruenta. Penso che si debba accedere ad un livello superiore di civiltà. Ma con quali strumenti?

Ovviamente attraverso il Buonsenso. Uno strumento di cui tutti noi, esseri senzienti, siamo dotati. Si tratta di coltivarlo nella nostra mente, nel nostro cuore. Occorre prima, però, liberarsi di ogni orpello delle vecchie dieologie retrò. Occorre anche lavorare per il bene comune, cioè essere bio (nutrire la vita). Per far questo bisogna essere individui sociali ed ecologici. Si tratta di diminuire il più possibile i propri gretti interessi dell’immediato per guardare più in là agli interessi delle generazioni future. Sì, sarebbe bello che l’umanità riuscisse a fare questo salto di consapevolezza e di civiltà: un salto quantico

8 anni

ichino

Nel XX secolo 8 anni separano una generazione dall’altra. Ho da poco letto il nuovo libro di Pietro Ichino “La casa nella pineta” e ne ho avuto la prova.

Un libro scritto molto bene che si legge volentieri. Un libro un po’ come il mio: partendo dalle radici familiari racconta l’impronta che ne ebbe la sua infanzia per poi spiegare il perchè delle sue scelte da adulto.

Ebbene, lui, come me, ha radici forti di famiglia. Lui, come me, una infanzia milanese e in una casa avita in Toscana. Lui, come me, un imprinting dovuto al rapporto diretto con Don Lorenzo Milani. Ma… Ma 8 anni hanno fatto una grande differenza. Sì perchè lui ha 8 anni più di me.

Come è possibile che aver incontrato sulla propria strada Don Milani da bambino, ma 8 anni prima lo abbia portato ad un impegno nel lavoro e nella politica tutto a sinistra, mentre io, 8 anni dopo, ho sì avuto come prima tessera quella del Pci, ma poi ho virato verso il federalismo della Lega?

Lui da Don Milani ha preso il sentirsi in dovere di rendere. Rendere i privilegi di un’istruzione borghese a chi non l’aveva avuta. Lo ha fatto attraverso l’impegno nel sindacato della Cgil e nella sinistra. E’ divenuto un ottimo giuslavorista, ma molto contestato proprio da  chi era più a sinistra. Ha persino dovuto vivere sotto scorta per via delle minacce dei terroristi!

Io da Don Lorenzo ho preso il motto: “I CARE”. Sì, perchè non ho fatto a tempo a godere di un’istruzione borghese. No, sulla scuola era passato un ciclone che aveva distrutto tutto senza ricostruire alcunchè…

Già: la mia generazione ha vissuto il declino delle idee della sinistra proprio a partire dal clima di violenza instauratosi fin nelle scuole e nelle università dopo il 1968. Ho visto di persona come “Lettera ad una professoressa” fosse strumentalizzato più che compreso ed applicato. Da qui il disamore per  quella sinistra massimalista, becera. Da qui il ripiegarsi in famiglia durante gli anni della “Milano da bere” cioè dei socialisti alla Craxi.

Ma poi ecco riemergere I CARE forte; quando si trattò di scrollarsi di dosso tutta quella corruzione. Senza la presenza di una Lega vincente la magistratura milanese non avrebbe avuto la forza di un’indagine come quella che fu di “Mani pulite” che si abbattè sui socialisti rampanti e grifagni. Da lì si arrivò all’indignazione popolare che portò la Lega al governo di Milano con Formentini. Una vittoria straordinaria. In due anni la Lega passò dal 6% a Milano ad avere il sindaco e una giunta che era perbene. I CARE aveva vinto!

Berlusconi fu la reazione del vecchio sistema a quella forza politica così nuova e dirompente. Ci sono voluti più di 25 anni e un nuovo secolo, il XXI, per risollevare l’indignazione popolare con il movimento dei 5 stelle…

L’insegnamento che ne traggo? Ogni secolo ha una sua dinamica. Nell’800 le innovazioni tecnologiche erano solo agli albori. All’inizio del secolo la forza lavoro era soprattutto contadina, alla fine cominciavano a prendere piede le industrie e gli operai. In quegli anni le generazioni si susseguivano ad un ritmo certamente più blando e forse erano più dovute alle guerre: i famosi “coscritti” commilitoni che avevano vissuto le medesime battaglie. Oggi nel 2000 con l’avvento dell’informatica tutto avviene ad una velocità molto più frenetica. Ma nel ‘900, 8 anni era veramente un salto generazionale.

La storia non si fa nè con i se nè con i ma però lasciatemi una divagazione fantasiosa…

Se Lorenzo Milani anzichè nascere nel 1923 fosse nato 8 anni dopo durante il passaggio della “linea gotica” a Firenze non avrebbe rischiato di finire militare perchè troppo piccolo. Avrebbe poi forse studiato all’Università di Milano e forse avrebbe dato il là a moderni studi sociologici: infatti tutti i suoi libri sono compendi di sociologia ante litteram…

Forse Dio avrebbe toccato lo stesso il suo animo sensibile e sarebbe stato lo stesso un ottimo prete, ma forse, invece un ottimo sociologo.

Del nostro destino solo Dio è a conoscenza.

Radici?

boat-peolpe

Quel giorno di primavera del 1987 in cui conobbi Umberto Bossi (non era nessuno, nemmeno Senatur…) nella prima sede della Lega a Varese, i suoi discorsi politici mi sembrarono davvero insoliti. Parlava di federalismo e di radici. Ma erano anni in cui si sentiva parlare solo di lotta di classe e di destra fascista o peggio di terrorismo… Fui proprio colta alla sprovvista, non ero preparata su quei temi pur essendo laureata in Scienze politiche. Università inutile? Forse.

32 anni dopo mi capita ancora di meditare sul discorso delle radici soprattutto quando assisto alla televisione ai telegiornali pieni di notizie sul dramma degli immigrati oppure quando ascolto i mille dibattiti fra esperti sull’argomento.

Nessuno, proprio nessuno, si pone il problema delle radici.

Quanti immigrati vivono qui da noi? Sono tanti. Non mi riferisco solo a quelli che arrivano sui barconi dall’Africa, ma anche a quelli che arrivano dalla Cina, o dalle Filippine o dal resto del mondo.

A tutti chiediamo d’integrarsi, cioè di assimilare lingua, usi e costumi nostrani. A noi sembra facile, persino ovvio, ma è evidente che per queste persone è una specie di trauma: doversi spogliare delle proprie radici per trapiantarsi in un nuovo paese molto diverso.

Ci sono alcuni che ci si provano e vi riescono più rapidamente: ad esempio chi viene dall’est Europa ha facilità ad imparare l’italiano. Altre comunità, come quella cinese, invece sono molto orgogliose di mantenersi in una sorta di haparteid tutto loro. Altre, come le gang latino-americane, vorrebbero addirittura sopraffarci con la violenza degli slums.

Ma nel loro cuore sono tutti ancora tristi e nostalgici delle loro radici: è umano, è naturale. E’ bio. E’ buonsenso bio!

A questo blog capita spesso di andare contro corrente. Ebbene dire che sradicarsi per immigrare è innaturale e doloroso è un discorso difficile, ma ciò nonostante non va nascosto come fosse polvere sotto il tappeto!

E’ un problema che affrontano tutti coloro che si allontanano dalle loro radici, dalla loro casa e dalla famiglia dove sono nati e cresciuti. Nostalgia e tristezza che vanno ad aggiungersi alle mille difficoltà pratiche del trovare lavoro e mantenersi.

I nuovi arrivati hanno nostalgia. Probabilmente i loro figli nati qui e scolarizzati qui, si radicheranno e saranno italiani senza problemi.

Quando si trapianta una pianta si rischia sempre che non riesca ad adattarsi e che avvizzisca, quando si cattura un animale e poi lo si trasferisce in un nuovo habitat si rischia sempre che non sopravviva: anch’essi soffrono di nostalgia. La natura ha bisogno di radici solide. Anche gli umani sopravvivono meglio vicino alle loro radici. Bisogna avere il coraggio di ammetterlo.

Ogni buon politico, di qualsiasi paese sia, sa che costringere alcuni dei propri concittadini ad emigrare è sbagliato e triste. E’ più ecologico dare a ciascuno la possibilità di fiorire e scilupparsi senza doversi sradicare.

Certo, il libero scambio fra culture ed esperienze arricchisce l’umanità. Ma dovrebbe avvenire non sotto l’impulso del bisogno, ma sotto quello della curiosità culturale.

 

Humus

Buongiorno a tutti,

avrete notato che è circa un anno che il blog batte la fiacca. E’ vero, ma l’anno trascorso era il cinquantesimo dalla morte del mio parente Don Lorenzo Milani e un po’ questa ricorrenza mi ha coinvolta e distratta altrove (mio libro, presentazioni ecc.). Ma non è sufficiente a spiegare i pochi articoli. In realtà si è trattato anche di un anno di grandi cambiamenti politici qui in Italia, difficile starvi dietro e anticiparli. Quando le novità sono troppe e/o troppo impreviste io ho bisogno di lasciare che il tempo le culli nel mio cervellino. Bisogna meditarle, pensarci su, farle sedimentare, un po’ come avviene quando si forma l’humus nel sottobosco.

L’humus è ricco di nutrienti e senza di esso non nasce nuova vita. A volte viene distrutto da un incendio (cioè da una grande novità imprevista), ma le ceneri vanno a formare il nuovo humus in cui germoglieranno nuovi alberi dai semi che sotto vi erano rimasti nascosti.

Questo blog non nasce con l’idea di seguire l’attualità a spron battuto. No, l’idea è quella di meditare e dare degli spunti di riflessione alternativi o migliorativi. Non si tratta di dare dei “like” a questo o a quello, ma di fornire gli srumenti del buonsenso a chi si sente sballottato dalle onde in mare aperto .

Il buonsenso è come una via che ci permette di non sentirci travolti dal nuovo, dal troppo nuovo. Col buonsenso ci possiamo riallineare ai fondamentali della vita, armonizzandoci con la natura. Ecco perchè questo sito si chiama così.

In questi anni in cui si assiste al crollo delle ideologie del ‘900 è proprio il caso di rispolverare il buonsenso, dote di cui siamo tutti provvisti, grazie al cielo. Per alcuni è più facile ed immediato, per altri si tratta di andare a rispolverarlo, facendolo riemergere. Quindi via le incrostazioni  vecchie e ideologiche, spazio alla via naturale: buonsensobio a tutti!

Come si fa? Semplice. Il buonsenso si trova usando fantasia e paradossi. Sembra assurdo, ma è proprio così.

Fantasia. Davanti ad un problema bisogna immaginarsi una soluzione applicata a livello generale. Un po’ come se si fosse gli imperatori del mondo e si dettasse legge a tutti. La fantasia ci aiuta a comprendere dove nascerebbero i problemi e perchè. La vita umana ne gioverebbe? (Intendo riprodursi, dare ai figli quanto serve perchè a loro volta riescano a riprodursi, cioè mezzi e cultura).

Paradosso. Applicare a livello generale è ovviamente un paradosso, ma serve a capire. Il buonsenso è una via mediana perchè come dice il proverbio: “la virtù sta nel mezzo”!

Non ci sarà mai una via che sta bene a tutti e a tutto, ma si potrà trovare così la via che produce meno danni alla natura e quindi alla riproduzione della vita umana.

Per trovare la via del buonsenso-bio non serve nè la fretta nè l’inseguimento dell’attualità, serve invece comprendere le tendenze generali di lungo termine.

E’ necessaria la sedimentazione, la meditatione, l’humus.

Cibo e plastica

Nel 1963 Natta ebbe il Nobel per aver inventato il Moplen. Io avevo 6 anni, non ricordo il prima; certamente però mia madre quando andava a fare la spesa riceveva merce non confezionata nella plastica e nemmeno la borsa della spesa era in plastica. Del resto non c’erano nemmeno i supermercati.

Ormai invece fare la spesa equivale a riempirsi la pattumiera di contenitori in plastica usa e getta. Eppure la plastica è un materiale indistruttibile. Perché lo consideriamo “usa e getta”?

E’ vero ci sono dei timidi accenni d’inversione di marcia: in effetti in pochi super si può arrivare col flacone vuoto e riempirlo di detersivo, pagando solo il contenuto e non il contenitore. Ma sarebbe bello che ci si sforzasse di più nel riutilizzare i contenitori.

Sarebbe bello che anche le vaschette in plastica della frutta e della verdura entrassero nel giro del riutilizzo. Io compro una vaschetta di pomodori e poi a casa la metto da parte. La riporterò vuota al super la prossima volta e avrò un mini premio. In questo la fantasia del marketing può sbizzarrirsi: ad esempio ogni 20 vaschette vuote un bollino, o uno sconto, o…

L’alternativa sarebbe quella di non utilizzare più la plastica e il polistirolo per le vaschette della frutta e della verdura. Sarebbe bello che in tutti i punti vendita si passasse a confezioni ecologiche biodegradabili.

Le persone che fanno la spesa al mercato sono un po’ più ecologiche di quelle che vanno al super: al mercato frutta verdura vengono avvolte nella carta. Infine però tutto viene messo nei sacchetti e qui …

Chi va al super ha il vantaggio di vedere che i sacchetti sono biodegradabili, mentre chi va al mercato spesso si trova a tornare a casa con buste di plastica non ecologiche, del vecchio tipo, anche se la legge lo vieterebbe (ma dove sono i controlli?).

Insomma fare  la spesa e non inquinare rimane sempre molto difficile, un virtuosismo per pochi molto attenti e con grande disponibilità di tempo e mezzi. Invece sarebbe bello fosse la norma, sarebbe bello fosse facile e ovvio per tutti riutilizzare ed essere premiati.

Un premio subito dal super e un premio per le prossime generazioni che non saranno soffocate da montagne di plastica (avete presente  Wall-e?)…

 

Caro don Lorenzo

Caro don Lorenzo,

quest’anno il 26.5 scorso ricorreva il cinquantenario dalla tua morte a Barbiana.

Molti si sono attivati per ricordarti, anche a me è stato richiesto di scrivere un libro di ricordi di famiglia, benché io avessi solo 10 anni quando venni al tuo funerale lassù in quel piccolo cimitero accompagnando mia mamma Lalla (tua cugina) e  mia nonna Lina nel dolore di tutti noi parenti.

Scrivere questo libro per me è stato difficile perché ho sempre cercato di guardare avanti, ho ceduto alle pressioni solo per far qualcosa di utile ai miei nipoti: lasciare scritti i miei ricordi di famiglia affinché anche loro trovassero radici a cui far riferimento nella costruzione della loro identità di adulti.

Penso di aver fatto qualcosa di utile anche per tutta la nuova generazione nata dopo il 2000 che non può aver ricordi di quegli anni.

Infine ritengo di aver ricollocato le vicende della tua vita in una prospettiva più veritiera cioè più aderente alla realtà.

IMPRIMATUR_don_milani_COPERTINA

Nello scrivere il libro, mi sono fermata quando Papa Francesco ha iniziato a ricordare don Milani: è stata un’emozione forte che mi ha sopraffatta. La Chiesa allora ti esiliò in una sperduta parrocchia di montagna sul monte Giovi nel Mugello: Barbiana. Anche dopo la tua morte per tanti anni cercò di dimenticarti perché ti giudicava scomodo e in poche occasioni ti venne riconosciuto che l’opera pastorale che svolgevi coi tuoi ragazzi e coi parrocchiani era in sintonia col Vangelo di Gesù.

Ora Papa Francesco ti ha riabbracciato e riaccolto ridandoti piena dignità di prete: “bravo prete”. Non hai idea di cosa questo possa significare anche per noi che in famiglia allora soffrimmo, per te e con te, per le incomprensioni che ci furono fra te e la curia fiorentina.

Caro Lorenzo, anche a Castiglioncello ricordano la tua infanzia quando trascorrevi lì la villeggiatura estiva. Mia figlia, Sara, ha collaborato con la Pro Loco per organizzare una mostra di foto tratte dagli album di famiglia. La si può visitare fino al 24 luglio presso i locali della stazione.

Tu giudicasti quegli anni “di tenebre”, ma io penso che parte della tua personalità così bella e buona si costruì anche in quei soggiorni estivi, giocando coi cugini. Anche tu, come tutti noi, hai costruito la tua personalità partendo dalle tue radici e lì al mare in estate si riunivano sempre tutti i rami della famiglia.

Locandina-Don-MIlani_2017

Papa Francesco è venuto sulla tua tomba a Barbiana il 20 giugno scorso. Il 21 tutti i giornali hanno riportato la notizia e su l’Avvenire anche il discorso integrale che ha tenuto lì. L’evento ha avuto grande risonanza mediatica. Ha riconosciuto le tue doti cristiane, la tua capacità di essere povero fra i poveri e soprattutto quella di educatore.

Io, nel mio piccolo, ho fatto dire allo zio Padre Domenico, che tu incontrasti a Barbiana assieme a suo fratello Umberto, mio padre e a mia mamma Lalla, una messa mattutina presso la chiesa dei frati cappuccini in piazza cimitero Maggiore a Milano.

Chiudo questa lettera dicendoti che, dopo il salone di Torino, la prima presentazione del libro che ho pubblicato per te, per noi, per tutti, avverrà proprio a Milano mercoledì 5 Luglio e ti mostro la locandina qui sotto.

immagine 2 locandina don Milani

In fin dei conti sei stato anche tu per un certo periodo della tua vita un milanese, e padre Domenico ricorda che quella notte a Barbiana gli confidasti di aver trovato la fede in Gesù proprio a Milano quando vedesti dei preti aiutare cittadini che ebbero la casa distrutta in seguito ai bombardamenti.

Il libro ora è nelle librerie, se avrà gambe e se Dio vorrà prenderà la sua strada. Intanto io ti saluto sperando che da lassù tu comprenda che ciò che quaggiù stiamo facendo tutti, lo si fa per ricordarti, per amor tuo e per cercare di riparare agli errori che furono fatti nei tuoi confronti.

Quando mi conoscesti bambina mi giudicasti una “figlia di papà”, fu un giudizio un po’ frettoloso, spero che ora lo cambierai, un saluto affettuoso,

tua Emma

Non c’è due senza tre! Mio nuovo libro…

Domani, lunedì 22 maggio 2017, al Salone del libro di Torino, presenterò il mio ultimo libro: “Don Lorenzo Milani, con la mente aperta e il cuore accogliente” – edizioni Imprimatur. Siete tutti invitati a venire alle ore 18,00 presso la Sala Music’n Books!

Ci sarà un dibattito dal titolo: “Dalla parte degli studenti”. Parteciperanno insieme a me, il coautore del libro, prof. Angelo Lucio Rossi, inoltre l’autore del libro “Bullismo e cyberbullismo” ed. Imprimatur , Alessandro Meluzzi e infine Marco Baldassarri.

Ho scritto questo libro in circa due mesi, è stato un instant book, in occasione del cinquantesimo della morte di Don Lorenzo che cadrà il 26 giugno prossimo. L’editore mi ha convinto a raccontare come abbiamo vissuto la vicenda di Don Milani noi della sua famiglia allargata. Io avevo solo dieci anni quando Don Lorenzo è morto. Ho quindi preferito raccontare ai miei nipoti, nati dopo il 2000 e a tutti i loro coetanei le vicende di quegli anni e di come gli scritti di Don Milani hanno cambiato il nostro paese e, di riflesso, anche la mia vita. Il prof. Rossi ha concluso il libro con una panoramica su cosa sta cambiando oggi nella scuola italiana che si ispira all’esperienza della scuola di Barbiana.

Nel frattempo Papa Francesco ha fatto importanti dichiarazioni su Don Lorenzo Milani riconoscendogli la capacità di grande educatore. Una cosa che davvero mi ha commosso: dopo i tanti anni in cui Don Lorenzo ha sofferto per le incomprensioni della curia fiorentina…

In due mesi non si può scrivere molto, però mi sono data il compito di ricollocare la figura del cugino di mia mamma Lalla in un quadro storico e personale più veritiero di quanto non sia avvenuto negli anni passati. Don Lorenzo è stato tirato per la tonaca dalla sinistra in modo eccessivo e inappropriato, spero di essere riuscita nella mia opera di ricerca storica ed anche in quella di empatia dovuta alle comuni origini famigliari… Buona lettura!

Etichetta, etichettare

Il 26 giugno 2017 saranno passati 50 anni dalla morte di Don Lorenzo Milani. “La centralità della parola” e “I care” (me ne importa) sono due frasi che ce lo rammenteranno sempre, quasi un suo marchio di fabbrica. Infatti lui nella sue scuole di San Donato e di Barbiana focalizzò come prioritario l’insegnamento dell’italiano ai suoi ragazzi. Ho intitolato questo articolo etichette, etichettare perché sono due parole che vorrei mettere a fuoco quest’oggi.

Etichetta, quanti significati ha? Tanti. Ad esempio si parla di etichetta quando ci si comporta secondo il galateo più severo: “badare all’etichetta”.

Ma occorre anche “badare all’etichetta” se si va al supermercato a fare la spesa. Solo che qui la frase assume un significato molto diverso: si tratta di leggere bene gli ingredienti scritti sull’etichetta del prodotto che si sta acquistando per essere sicuri di comprare un prodotto che va bene per noi.

E’ molto importante che le etichette siano scritte in modo chiaro, leggibile anche da chi ha poche diottrie e che siano esaurienti: vogliamo sapere da dove vengono i prodotti che stiamo per acquistare, tutti i prodotti. Non solo quelli alimentari.

Vogliamo sapere come sono composti e sarebbe bello anche che avessero vari bollini: uno che ci dicesse se sono prodotti rispettando l’ambiente; uno se sono biologici; un’altro se sono prodotti senza lavoro minorile o sfruttamento dei più deboli, col cottimo ad esempio…

Ecco vorremmo etichettare tutto in modo chiaro e informando bene i consumatori.

Etichettare in questo modo ci piacerebbe. Ma c’è un modo di etichettare che invece sarebbe bello smettesse di esistere.

Quale? Quello che di solito fa la gente verso le altre persone. Di solito ci informiamo superficialmente su di loro, magari usando i social. Ci formiamo così un’idea preconcetta.

Questo modo di etichettare tutte le persone è comodo e facile. Però è negativo perché preclude a ciascuno, anche a noi stessi, la possibilità di cambiare idea, di pensare oggi una cosa e poi ripensarci dopodomani e vederla diversamente.

Oggi su un social scriviamo una cosa. Questa ci si appiccica addosso come una etichetta che non sarà mai più possibile staccare: colla ultraresistente! Non riusciremo nemmeno ad attaccarci sopra una etichetta diversa e nuova per nascondere la vecchia, impossibile (sic!).

Quindi la sola soluzione è che si sia tutti un po’ meno pigri mentalmente: Ognuno ha diritto/dovere di cambiare idea: basta con i pre-giudizi. Smettiamola di essere superficiali nei rapporti con gli altri!