Glocal è meglio

Navi merci lunghe 400 metri piene di container. Per farli sbarcare tutti occorrono qualcosa come 20 mila Tir, o alcune centinaia di treni-blocco specializzati.

Questo è il futuro che ci si sta aspettando a Livorno dove si sta per costruire una nuova darsena in grado di accogliere simili giganti del mare.

Il 1° dicembre 2001 la Cina è entrata a far parte del WTO. A questa data si può far risalire ufficialmente l’inizio della globalizzazione.

15 anni dopo negli Usa, inaspettatamente, è diventato presidente Donald Trump: il suo programma politico dovrebbe segnare un ridimensionamento della globalizzazione. Gli operai americani che hanno visto trasferirsi le loro industrie manifatturiere in Cina ora sono stanchi e hanno votato chi ha promesso di far tornare le industrie e il lavoro.

Probabilmente molte industrie torneranno a produrre negli Usa per via della nuova politica delle tasse che premia chi produce negli Stati Uniti e penalizza chi ne rimane fuori.

Siamo proprio sicuri di voler accogliere 20 mila tir sulle nostre strade e sui nostri malandati ponti ogni volta che attraccherà una nave?

Siamo proprio sicuri che le previsioni logistiche del porto di Livorno saranno quelle più probabili?

Non sarebbe meglio capire come evolverà il commercio mondiale?

Oppure c’è chi pensa che le merci prodotte in Cina che ora servono ad alimentare il mercato negli Usa, dopo Trump, verranno semplicemente dirottate sul mercato d’Europa?

Glocal sarebbe molto meglio. Cioè lasciare ai trasporti a lungo raggio solo le merci e le materie prime che non si possono recuperare più vicino.

L’ambiente sarebbe più pulito e il lavoro a “km zero” se ne avvantaggerebbe.

Anche i cinesi avrebbero condizioni di lavoro migliori e qualità della vita più alta: le merci che producono finirebbero per alimentare il loro mercato interno che non è certo piccolo!

Macro/micro problema

Aiuto! Abbiamo e avremo sempre più un problema!

Macro problema perché è già enormemente diffuso e si sta diffondendo in modo esponenziale.

Micro perché si tratta delle micro-plastiche.

La plastica che non è biodegradabile, lo sanno tutti ormai.

Nel mondo la plastica subisce di solito tre destini: il peggiore è quando finisce dispersa nell’ambiente; quello un po’ meno peggio è quando finisce nella raccolta differenziata. Infine può finire come carburante (è pur sempre un derivato del petrolio) nei forni ad alta temperatura. Forni che possono produrre teleriscaldamento, oppure possono far parte di un impianto cementizio, oppure possono semplicemente essere inceneritori di rifiuti indifferenziati.

In Italia questa opzione di bruciare la plastica non è amata e si cerca di non usarla per via del fatto che la combustione produce diossina e altri fumi tossici. All’estero è molto più diffusa però hanno usato la tecnologia per risolvere il problema dei fumi: hanno aumentato la temperatura dei forni,  hanno  allungato i camini e li hanno dotati di abbattitori di fumi tecnicamente migliori rendendoli cioè in grado di captare più sostanze dannose, in alcuni casi hanno anche deciso di convogliare i fumi tossici sotto terra come gas.

Comunque nel mondo il problema delle micro-plastiche è sempre più enorme perché incontrollabile e irrisolvibile. Per risolverlo occorrerebbe un’invenzione geniale: la calamita da plastica (ma mi sembra veramente fantascienza).

Qualsiasi plastica (eccetto quella che finisce in un inceneritore a norma) tende con gli anni non a bio-degradarsi cioè a sciogliersi nell’ambiente rientrando nel ciclo biologico in modo naturale, ma a spezzarsi e a ridursi in particelle sempre più microscopiche.

Queste microparticelle entrano nell’alimentazione di pesci, uccelli, mucche e animali selvatici in modo del tutto inconsapevole: sono microscopiche.

Recentemente ho visto in un documentario delle immagini che mi hanno veramente inquietato. In un laboratorio si osservava la carne di un pesce al microscopio. Ebbene solo col microscopio si riusciva a vedere un frammento microscopico di plastica rossa incastrato tra le fibre muscolari del pesce! Ma si vedeva bene proprio perché era rossa la plastica e i muscoli del pesce erano rosa chiari. E se invece la plastica fosse stata trasparente l’avemmo vista in quel muscolo? Ho paura di no. Il sangue di quel pesce aveva trasportato nelle fibre dei suoi muscoli assieme agli alimenti naturali e sani anche la micro-plastica. I suoi muscoli non sapendo come utilizzare quella cosa innaturale l’avevano incistata tra le loro fibre. Il pesce non ha sviluppato malattie (o per lo meno è stato pescato prima la plastica gliele provocasse e che apparisse visibilmente malato). Quindi quel pesce ad occhio nudo, cioè alla vista del consumatore e anche dei controllori alimentari quali i nostri Nas appariva perfetto: ottimo da mangiare.

Allora la conclusione logica è che miliardi di miliardi di altri frammenti microscopici, sono già in circolo nel mondo e nella catena alimentare, anche quella che arriva fino a noi umani.

Come possiamo essere sicuri che non rientrino tra le cause di malattie e tumori? Nessuno ha ancora fatto ricerche in tal senso.

Sappiamo che i macro pezzi di plastica finiscono negli stomaci dei cetacei o degli uccelli, e che spesso sono tali e tanti che li uccidono. E’ facile per qualsiasi scienziato fare ricerche causa/effetto in questi casi perché questi pezzi di plastica sono visibili a occhio nudo. Se si pesca un pesce o un mammifero che ha nello stomaco dei sacchetti di plastica o se si trova una tartaruga intrappolata in un groviglio di plastica sappiamo vedere tutti quel danno e possiamo anche provare a limitarlo. Lo stesso non si può dire delle micro-plastiche.

Da quando alla fine del secolo scorso (circa 1950) si è diffuso l’uso della plastica ad oggi se ne è prodotta tantissima nel mondo e se ne produce ancora.

Evitare di produrre plastica non servirebbe a nulla perché il danno è già tra noi. Inoltre sostituire la plastica col vetro o coi metalli e il legno sarebbe ancora meno ecologico perché queste materie prime non sono sufficienti a coprire i bisogni di tutta la popolazione mondiale.

Che fare allora?

Come possiamo e potremo impedire il diffondersi delle micro-particelle? La calamita non esiste né esisterà. L’unica cosa che già esiste è l’incenerimento.

Sarebbe bello riuscire in tutto il mondo a portare negli inceneritori idonei tutta la plastica già prodotta e utilizzata fino ad oggi. Sarebbe bello riuscire a farlo il prima possibile, cioè quando è ancora macroscopica cioè visibile ad occhio nudo.

Per quella già microscopica c’è solo da incrociare le dita e sperare che nuovi studi scientifici e medici possano dimostrare che la micro-plastica incistata nel nostro corpo non ci produce danni. Ma ho i miei dubbi.

Sappiamo già che le micro-fibre di amianto incistate nei polmoni provocano l’asbestosi, perché per le micro-plastiche dovrebbe essere diverso?

Aiuto! Abbiamo un problema!

Tutto il movimento green del mondo, e soprattutto quello italiano, al momento il più irriducibile sul tema, dovrebbero smetterla di opporsi all’incenerimento della plastica nei forni idonei.

 

Via col vento

L’Italia è una lunga penisola con due grandi isole e vari arcipelaghi. La penisola è montuosa e lunga e stretta. Al sud si producono soprattutto beni alimentari, al nord soprattutto beni industriali. Gli scambi commerciali nord/sud sono notevoli. Logica vorrebbe che i nostri mari fossero solcati da grandi navi da trasporto dei camion.

Ebbene la logica in Italia non è mai così logica… Infatti storicamente i politici del nostro paese hanno privilegiato il trasporto su gomma per favorire le grandi industrie automobilistiche del nord. Per cui abbiamo investito più sulle strade che sui porti. Inoltre i porti erano/sono presidiati da forti cooperative di sinistra sindacalizzate e agguerrite con cui era difficile instaurare rapporti di lavoro moderni. Per cui i nostri porti sono stati ben lungi dall’assomigliare a quelli del grande nord europeo. Amsterdam ecc. ci hanno sempre surclassati.

Però i politici italiani sono anche da sempre famosi per i loro bla-bla e difatti io ho memoria che già 40 anni fa si parlava (solo parlava) di investire sui porti per realizzare le “autostrade del mare”. Nel frattempo  qualcosa (molto) è cambiato a livello politico e industriale: i vecchi partiti Dc, Psi e Pci sono spariti mentre le grandi industrie automobilistiche hanno de-localizzato e i sindacati dei portuali sono addivenuti a più miti consigli.

Finalmente si può riprendere a realizzare le autostrade del mare! Ed ecco che infatti cominciano a riapparire sui giornali le prime notizie al riguardo. Pare che negli ultimi anni si siano fatti buoni progressi incominciando ad investire nel settore sia per quanto riguarda le navi da trasporto dei camion sia per quello che riguarda le infrastrutture portuali e gli interporti. Però pare che in molte realtà manchi “l’ultimo miglio”, cioè l’adeguamento della viabilità locale per raccordare le autostrade ai porti. Comunque sembrerebbe che la via delle autostrade del mare cominci a prendere spessore e che sia calcolabile un aumento dei traffici e che questo cominci ad essere significativo.

Anche gli ecologisti dicono di essere contenti: meno trasporto su strada significa, infatti, meno inquinamento. Però, secondo me, c’è un però… Immaginiamo che si riesca ad arrivare ad un trasporto delle merci via mare più significativo: diciamo di riuscire a trasferire dalle strade al mare il 50% dell’attuale trasporto su gomma. Ebbene l’aria che respiriamo se ne avvantaggerebbe, ma l’acqua dei nostri mari che fine farebbe? Si sa  che le navi hanno la cattiva abitudine di pulire le loro cisterne in alto mare e noi lo capiamo quando le nostre spiagge si riempiono di schiume o di pallottole di catrame. Se già il fenomeno si è evidenziato fin qui, che i trasporti sono ancora relativamente pochi, cosa succederà in futuro? Rischiamo di rovinare le nostre belle coste e addio ecosistemi e anche industria turistica!

Bisogna pensarci prima. Bisogna pensarci ora!wind surf

Sarebbe bello che politici, armatori e cittadini ne fossero consapevoli ora prima di investire soldi in grandi navi inquinanti e dover poi piangere sui danni fatti.

Sarebbe bello se i governi favorissero con adeguati incentivi fiscali l’investimento su navi da trasporto più ecologiche anche perché ormai sono fattibili grazie alle nuove tecnologie: moderni velieri alimentati con motori a gas. Sono queste le navi che dovrebbero solcare i nostri bei mari ed avvicinarsi alle nostre belle coste. Ormai abbiamo anche la possibilità di rifornirle di gas in alto mare con gli Olt come quello attivo davanti alla costa livornese. Sarebbe bello che tutti avessero lo sguardo avanti per garantire un futuro migliore a tutti.

Fertilità (day o non day…)

Al di là delle polemiche sul giorno della fertilità, l’invenzione governativa di ieri 22 settembre 2016, vorrei fare alcune riflessioni.

In natura la prosecuzione della specie è garantita dall’abbondanza. Tutti gli organismi emettono in abbondanza semi e li disperdono nell’ambiente, confidando che qualcuno sopravviverà alle insidie e riuscirà a crescere per divenire adulto e poi riprodursi.

Un ciclo ripetitivo che non si preoccupa, ma confida nella provvidenza.

Semi abbamdonati al destino… Tantissimi semi.

Se si pensa che l’organismo più grande del mondo, la balena, nutre il suo enorme corpaccione di plancton, cioè di semi abbandonati dagli organismi marini, si può comprendere l’enormità della cosa.

L’evoluzione fino ad un certo punto si è accontentata dell’abbondanza; poi sono arrivati i primi esseri più complessi che necessitavano di una forma di apprendimento alla sopravvivenza: gli ovipari con le ali. I rettili sono ovipari che abandonano le loro uova al destino. Gli uccelli non possono. Sanno che devono occuparsene sia per farle schiudere, quindi necessitano della cova in un nido sicuro e caldo, sia per fare crescere i pulcini almeno finchè non apprendono a volare e a procurarsi il cibo.

Non è solo più una questione di affidarsi alla provvidenza, cosa che comunque non guasta mai, ma è anche una questione di intelligenza riproduttiva. Con gli uccelli si comincia ad avere un comportamento volto alla cura della prole; i mammiferi poi saranno ancora più coinvolti dalla faccenda. La fertilità a questo punto rimane alta, ma non così tanto quanto lo è per gli organismi inferiori.

Quanti documentari avete visto? In tutti si evidenziano le difficoltà riproduttive: a partire dalla scelta del partner, che deve dimostrarsi il migliore e più adatto alla riproduzione, alla scelta della tana, alla cura del proprio territorio di caccia per garantire cibo alla famiglia, alla crescita ed educazione dei cuccioli. Capita anche nei documentari di vedere cuccioli che non ce la fanno o perchè non sopravvivono all’inverno rigido, o perchè cadono vittime dei predatori o perchè finiscono nei guai. Però la provvidenza fa sì che la fertilità sia sufficiente a non causare eccessi nè in un senso nè nell’altro. Il più delle volte è sufficiente a regolare il tutto la presenza di un periodo ben delimitato riproduttivo: il periodo dell’estro.  Sono solo i lemming che quando sono troppi si suicidano invece di riprodursi. Negli altri casi l’abbondanza crea carestia e diminuzione della popolazione attraverso la morte anche dei soggetti adulti e quindi poi anche della quantità di cuccioli futuri.

Passiamo alle vicende dell’uomo. La fertilità non è regolata dall’estro. Ogni mese la donna produce un uovo pronto ad essere fecondato, l’uomo potrebbe fecondare tutti i giorni dell’anno. Troppa abbondanza? Forse se si pensa all’uomo come ad un animale non senziente, ma siamo dotati di possibilità di scegliere e decidere. Anche in passato lo eravamo, prima dell’invenzione dei sistemi anticoncezionali la religione si proponeva di far riflettere sul fatto che l’atto sessuale era soprattutto un atto riproduttivo e quindi andava espletato all’interno di una cornice atta a garantire la sopravvivenza del neonato: occorreva un matrimonio.

I risultati non sono mai stati soddisfacenti: troppa fertilità ha prodotto secoli di eccesso di riproduzione affidata alla provvidenza. Molte/troppe sofferenze e morti. La provvidenza spesso veniva in soccorso, ma molto spesso non bastava e così troppi neonati non avevano la possibilità di crescere o per mancanza di cibo o per mancanza di casa, o di risorse idonee, oppure per malanni dovuti a tutte queste necesità insoddisfatte. Su tutto regnava la povertà e l’ignoranza.

Solo con l’avvento della contraccezione moderna le coppie possono decidere se e quando riprodursi. Ma così hanno scelto il controllo totale e hanno abbandonato totalmente la fiducia nella provvidenza e nella natura. Si finisce col volere programmare ogni dettaglio e la fertilità se ne va.

Sarebbe bello se si riuscisse ad avere un equilibrio fra fertilità e programmazione, probabilmente è la via giusta per una società complessa come la nostra. Pensate alle migranti, si imbarcano incinte e si affidano alla provvidenza per vedere crescere le loro creature. Molte ce la fanno, certo purtroppo non tutte. Nel loro caso pesa di più il piatto della bilancia che si affida alla provvidenza e spesso ottengono una vita decorosa per i loro nati. Noi occidentali che vogliamo soprattutto certezze rischiamo la certezza di non essere più fertili… I piatti della bilancia devono trovare un equilibrio anche per noi donne occidentali…

Arriva l’autunno arriverà lo smog

Sarebbe bello che i nostri governanti fossero lungimiranti almeno sulla salute dei cittadini. Tutti gli anni in Pianura Padana si ripresenta il problema dello smog e tutti ne patiscono le conseguenze sulla salute.

Sarebbe bello se venissero messe in atto nuove politiche per limitare lo smog. Sarebbe utile ad esempio incentivare maggiormente l’utilizzo delle auto ibride.

Sarebbe doveroso attuare una politica dei trasporti pubblici più efficiente. Mi riferisco in particolare al trasporto ferroviario dedicato ai pendolari. Sono questi gli utenti che andrebbero maggiormente coccolati perchè tutti i giorni usano il treno. Sarebbe bello che non venissero soppresse corse utilissime. Sarebbe bello che anzi venissero ampliati gli orari. Sarebbe bello che i treni avessero un numero di carrozze sufficienti a far sedere tutti.

Sarebbe bello che il trasporto delle merci utilizzasse maggiormente la rete ferroviaria e i porti intermodali. Sarebbe bello che i politici incentivassero questa modalità di trasporto. L’utilizzo del trasporto su gomma dovrebbe concentrarsi sul trasporto degli ultimi 100/50 km.

Sarebbe bello che le merci che arrivano da lontano potessero viaggiare oltre che in treno anche sull’acqua. I canali navigabili dalle chiatte che caratterizzano il resto d’Europa, sarebbe bello che fossero realizzati anche in Italia, soprattutto in Pianura Padana che è ricca d’acqua. A questo scopo sarebbe bello studiare la possibilità di raddoppiare la larghezza di alcuni dei canali  già esistenti. Oppure di renderli navigabili a senso unico alternato, realizzando delle aree di sosta dei barconi fra un porto e l’altro. Tutto questo al fine di consumare poco territorio agricolo.

Sarebbe bello che i cittadini fossero consapevoli che con più navigazione si potrebbe migliorare la salute di tutti. Non solo i cittadini anche i contadini che possiedono le aree limitrofe ai canali…

Anche i porti lungo le nostre coste se fossero utilizzati maggiormente come porti intermodali potrebbero limitare l’uso del trasporto su gomma in tutto il territorio nazionale.

 

Italia sismica

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La cartine qui sopra pubblicate rapprsentano gli aspetti fondamentali dell’Italia geologica. Sarebbe bello se fossero appese in tutti i comuni nella stanza dei sidaci così come viene esposta l’immagine del Presidente della Repubblica in carica. Andrebbero esposte anche nelle scuole e nelle sedi delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco e della Protezione civile.

Da queste andrebbe poi ricavato il profilo sismico dettagliato del territorio provinciale/comunale affinchè le amministrazioni potessero aver ben chiara la sismicità del proprio territorio e prendere opportuni provvedimenti quando dovessero redigere il Piano Regolatore.

Le cartine da sole non bastano. L’Italia è piena di laureati in geologia che difficilmente riescono a lavorare nel campo in cui hanno studiato. Sarebbe bello che le amministrazioni potessero usufruirne nell’ambito di un percorso educativo nazionale volto a spiegare i contenuti di dette cartine ad ogni nuovo cambio di amministrazione. Una sorta di corso di aggiornamente come quelli che organizza il Provveditorato gli Studi rivolto oltre che alle scuole anche agli amministratori e a tutti coloro che si devono occupare di prevenzione e soccorso in caso di sisma.

Sarebbe bello anche che le scuole, almeno quelle medie, avessero un programma che prevede lo studio della geologia assieme alla geografia.

Tutto questo percorso informativo ed educativo andrebbe abbinato ad esercitazioni antisismiche così come avviene in un Giappone, un paese che per sismicità assomiglia all’Italia.

Certo tutto questo sarebbe necessario, ma non sarebbe sufficiente a evitare disastri anche perchè il nostro paese è un susseguirsi di centri storici costruiti in epoca medioevale che occorrerebbe rendere più sicuri con enormi attività di rafforzamento edilizio. Sarebbe bello avere le risorse e le capacità tecniche per intervenire anche su questo fronte, ma le difficoltà sarebbero tantissime.

Le cartine e l’educazione invece sarebbero utilissime per intervenire sul nuovo e per dare consapevolezza a chi di dovere della serietà della questione. Forse le scuole nuove, gli ospedali nuovi, gli edifici pubblici nuovi, i ponti ecc. verrebbero realizzati con più discernimento. In Giappone, quando vi è una scossa tellurica, almeno quello che è stato costruito recentemente resiste e non crolla. Sarebbe bello poter dire altrettanto dell’edilizia italiana.

Come un seme

Perché scrivere queste pagine? Perché condividere alcune mie idee su internet?

Spesso mi domando se sia una buona cosa. In realtà non mi aspetto molto da questa scelta.

Sono fatalista: queste pagine di idee, per me, sono come fogli inseriti in una bottiglia da un naufrago. Chissà se approderanno da qualche parte?

Oggi siamo tutti un po’ soli come naufraghi. Infatti è sempre più difficile (se si esclude il web) riuscire ad instaurare un dialogo vero con qualcuno. Non si ha mai tempo. Anche se si inizia una buona conversazione con una persona, si viene subito interrotti da mille cose che premono: il telefonino, il pc, le questioni concrete e contingenti di lavoro ecc. Così finisce che non ci proviamo nemmeno più ad iniziare delle belle conversazioni. La televisione poi ci ha incoraggiato a trasformare i dialoghi o in monologhi, o in risse verbali.

Invece mi ricordo di quando, con mia nonna, facevo visita alle sue amiche, all’ora del tè. Ebbene, allora io ero piccola, ma passavo un’ora e più ad ascoltarle conversare di tutto un po’, anche di attualità e politica e non era una cosa noiosa perché le arzille vecchiette erano anche argute.

Sul web per dialogare, quindi, con alcune idee per vari spunti di conversazione. Sperando di essere arguta.

Sarebbe bello se ogni pagina del blog fosse come un seme che si lancia al vento. Se il destino vorrà cadrà su terreno fertile e germoglierà. Se invece cadrà su terreno arido seccherà. Se finirà in acqua sarà travolto dalla corrente. Chi vivrà vedrà…

Sarebbe bello se…

Sarebbe bello se… è il sottotitolo del blog buonsensobio. Perché?

Perché buon senso bio c’è quando si vuole essere creativi e propositivi. Questo blog ama i commenti che lo sono. Anche quelli leggeri e spiritosi. Invece non considera quelli che sono aggressivi, polemici e distruttivi. Perché?

Distruggere è facile: lo possono fare tutti in un attimo con le azioni o con poche parole, essere creativi  è molto, molto, più difficile e laborioso!

Le madri generano e crescono i figli così com chi coltiva rose sa che ci saranno boccioli che fioriscono ma anche spine.
Le madri generano e crescono i figli così come chi coltiva rose sa che ci saranno boccioli che fioriscono ma anche spine. Così è nutrire la vita.

Infatti creare la vita, nutrila e farla crescere, per una donna è un lavoro lunghissimo che comincia dai 9 mesi della gravidanza e, a ben guardare, non termina mai nemmeno quando i figlioli sono cresciuti. Invece basta poco per distruggere la vita: un attimo di disattenzione, un’azione violenta improvvisa, una frase da bullo… Tutto il lavoro di una donna sia di cura sia di attenzione per far crescere degli individui sani ed equilibrati può essere distrutto in un minuto.

Sarebbe bello se prima di agire in modo aggressivo pensassimo a tutto il lavoro, l’amore e alla fatica educativa e di cura della madre che ha creato quella persona.

Sarebbe bello se aggredire una vita fosse considerato come un atto di distruzione del lavoro lunghissimo di una donna; così come accadrebbe nel momento in cui venisse aggredito il lavoro lunghissimo di un uomo: ad esempio la Cappella Sistina di Michelangelo o la Gioconda di Leonardo.

Questo sempre. Sia quando la persona ci assomiglia e la pensa come noi, sia quando invece è lontanissima dal nostro modo di essere e di pensare.

Le madonne del latte

In Brianza, nel varesotto e nel Canton Ticino, ci sono moltissime chiese che hanno al loro interno raffigurazioni della Madonna mentre sta allattando il Bambin Gesù. Alcune di esse sono anche considerate miracolose. Poiché le madonne del latte simboleggiano il nutrimento e la misericordia divina e poiché siamo nell’Anno Santo dedicato alla Misericordia, voglio iniziare questo blog proprio da qui: dalla Madonna del latte di Ardena (Va) che, quando la porta della chiesa è aperta, sembra guardi qui giù, qui proprio me che sto scrivendo il blog e speriamo che mi ispiri saggi pensieri…madonna del latte

Sarebbe bello se il nutrire la vita e l’essere misericordiosi l’un l’altro fossero considerati centrali nella vita di ognuno di noi. 

Cosa sarebbe un mondo dove le donne non partorissero più e non allattassero più, cioè non nutrissero più quotidianamente la vita? Cosa sarebbe la terra senza la  biosfera? L’umanità ha ricevuto in dono la creazione: ha un intelletto capace di discernimento e un cuore sufficienti a capire che senza un operato di continuo e consapevole nutrimento della vita sia umana sia naturale tutto sparirebbe.

Ecco perché occorre dotarsi di BUON SENSO BIO