Acqua energetica

Sarebbe bello se la capacità di ricavare energia pulita dal movimento ondoso diventasse enormemente diffusa ovunque. Nel mare di Ravenna recentemente Eni,  con l’aiuto del politecnico di Torino, ha realizzato un impianto che riesce a convertire l’energia delle onde trasformandola in elettricità. Allo stesso è abbinato anche un impianto di pannelli solari. Forse più in là a una simile idea si potrebbe anche abbinare qualcosa per sfruttare il vento per produrre energia? Non so. So solo che nel nord Europa già da tempo provanoa sfruttare le correnti marine per far girare delle turbine sommerse …

Comunque l’idea di sfruttare il mare per creare elettricità è estremamente interessante (sembra quasi un uovo di Colombo) soprattutto se si pensa al fatto che l’Italia si affaccia per tantissimi chilometri sul mare e anche le dighe foranee potrebbero essere riconvertite allo scopo.

Insomma sarebbe bello che tutti quei paesi che condividono la fortuna di affacciarsi sul mare piano piano iniziassero ad usare la forza dell’acqua degli oceani. Sicuramente avremmo un’atmosfera più pulita.

Un altro modo per trarre beneficio energetico dall’acqua sarebbe quello di dotare tutti i fiumi di dighe galleggianti per coinvogliarvi la plastica che vi galleggia in modo da intercettarla prima che si scarichi in mare. Tale plastica poi andrebbe reimmessa nell’economia circolare del recupero dei rifiuti. Sperando che comunque questi rifiuti vadano riducendosi fino a scomparire …

Sì, cara Greta, sarebbe bello se i tuoi giovani fans portassero avanti anche queste due idee green …

Circolare… circolare!

Perchè sotto Natale ci vogliono buone notizie per prima cosa vi segnalo questo articolo:

https://www.repubblica.it/ambiente/2018/12/14/news/dalle_ragazze_anti-plastica_il_contenitore_che_sparisce-214209746/.

Purtroppo la nostra realtà è ancora amara.

Dopo l’ennesimo rogo di plastica, questa volta in piena città di Roma, mi tocca tornare sul tema dello smaltimento circolare. La plastica si può smaltire in modo circolare in tre modi. Il primo quello del riutilizzo. Usare più e più volte un contenitore invece di gettarlo via. Mi ricordo che quando avevo circa 5 anni in televisione c’era una pubblicità con Gino Bramieri che cantava tenendo un secchio in mano: “e mo…? e mo…? E’ Moplen!” Il tutto per far conoscere agli italiani la robustezza del nuovo materiale di plastica inventato da poco, il Moplen. I secchi di Moplen erano indistruttibili. Ebbene in casa mia ci sono ancora vivi e vegeti cioè utilizzabili due secchi di Moplen comprati allora! Sono stati utilizzati e riutilizzati innumerevoli volte. Perchè quella plastica è indistruttibile. Perfino la legge in Italia non prevede che i secchi vadano smaltiti nella raccolta differenziata; i vecchi secchi e i vecchi giochi andrebbero buttati nell’indifferenziata. Pessima economia circolare.

Il secondo modo consiste nel riciclarla riducendola a palline di plastica che poi possono essere riutilizzate dalle industrie: da qui ad esempio il filo per il pile e gli oggetti di plastica riciclati. E’ economia circolare? Sì, ma il processo riesce solo per un quantitativo piuttosto ridotto assolutamente insufficiente per risolvere il problema dell’inquinamento del nostro pianeta.

Il terzo modo è quello di termovalorizzare la plastica. Bruciando la plastica usa e getta in un impianto moderno ed adeguato si ottiene che questo prodotto (che altro non è che un sottoprodotto del petrolio, cioè un idrocarburo,) generi energia. Anche questo processo che ottiene energia dalla plastica è giusto considerarlo un’economia circolare! Lo sanno bene gli abitanti di Brescia che hanno il teleriscaldamento generato dal termovalorizzatore dei rifiuti A2A.

E’ sbagliato invece definire impianto per i rifiuti quello dell’Ama che è bruciato. L’unica lavorazione dei rifiuti che effettuava era quella di triturarli e mescolarli. Perchè? Perchè in questo modo i rifiuti di Roma cambiavano classificazione da rifiuti urbani divenivano rifiuti speciali. I rifiuti urbani divenuti speciali potevano così essere estradati lontano dalla provincia di Roma, là dove qualcuno li ritirava, a carissimo prezzo, e magari riusciva anche a ricavarne energia (ad esempio nei termovalorizzatori esteri).

Quello di  buttare in discarica è invece il modo di smaltire la plastica che piace di più ai “verdi” (grillini o meno) nostrani. Altro che economia circolare, un vero disastro ecologico che vorrebbero lasciare alle gennerazioni future! Sic!

Speriamo che le generazioni future termovalorizzino tutta la vecchia plastica indistruttibile gettata ovunque a inquinare la nostra bella Terra e che riescano a sostituirla sempre più con prodotti nuovi ed ecologici come quello inventato in Svezia. E’ un augurio natalizio di buona economia circolare per tutti!

CIRCOLARE… CIRCOLARE! AUGURI… AUGURI!

Tornado e alluvioni: la scoperta dell’acqua calda

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La triste novità di questo autunno è stata quella delle tempeste di vento simili ai tornadi che hanno abbattuto migliaia di alberi sulle nostre belle Alpi venete e lombarde. Siamo reduci da disastri ambientali epocali. Purtroppo stiamo abituandoci alle alluvioni che sono sempre più frequenti, quasi non si contano più. Sono passati più di dieci giorni e il maltempo non ha ancora lasciato il nord Italia…

Ascoltando i discorsi degli esperti in meteorologia si è appreso che tali condizioni di maltempo estremo derivano dal surriscaldamento dell’acqua del Mediterraneo che evaporando in misura maggiore rispetto al passato forma correnti di vapore caldo che, in questo periodo dell’anno, si scontrano con le correnti d’aria più fredde provenienti dal nord Europa. Il risultato di questo scontro è il formarsi di tempeste sempre più violente.

Sono anni che gli ecologisti puntano il dito sui danni del riscaldamento globale e vari trattati internazionali stanno cercando di porre un freno all’inquinamento atmosferico. Ormai siamo diventati quasi esperti tutti.

Però dell’acqua calda non si parla abbastanza, non ci si concentra a sufficienza sul problema.

Tutti scaldiamo l’acqua e poi la riversiamo negli scarichi ancora calda. Anche questo è inquinamento dannoso. Sembra paradossale ma inquiniamo anche quando cuociamo la pastasciutta e poi la scoliamo nel lavandino!

Se il danno lo si facesse solo in cucina sarebbe poca cosa. Purtroppo invece le industrie raffreddano i loro processi produttivi utilizzando circuiti refrigeranti ad acqua. Quell’acqua calda o si trasforma in vapore e quindi in correnti umide e calde di nuvole, oppure viene riversata ancora calda nei fiumi.

La Francia l’estate scorsa ha rischiato il blackout perchè l’acqua di raffreddamento delle sue numerose centrali nucleari, come sempre veniva scaricata ancora calda nei fiumi. Però quest’estate tali fiumi erano già caldi per via delle temperature esterne. Ebbene l’immissione di quell’acqua calda proveniente dai circuiti di raffreddamento ha provocato una forte moria di pesci nei fiumi suddetti. Hanno dovuto fermare le centrali nucleari per evitare il disastro ecologico: da qui il grave rischio di backout che i francesi hanno evitato comprando energia dagli stati confinanti, anche dall’Italia.

Ecco perchè parlo di “scoperta dell’acqua calda”. Bisogna focalizzare maggiormente l’attenzione sui danni derivanti dall’immissione nell’ambiente di acqua ancora calda. Quest’acqua finisce per riversarsi in mare e dal mare evapora generando poi le tempeste che ci hanno colpito.

Sarebbe bello che si riuscisse a far raffreddare l’acqua sotto terra, in appositi circuiti e cisterne prima di reimmetterla nei fiumi. Occorre che la politica globale presti maggiore attenzione a questa questione promuovendo leggi che obblighino tutti a fare attenzione al problema dell’acqua calda. Gli scienziati devono ingegnarsi per risolvere il problema dell’eccesso di vapore.

Tutti noi vedendo i film di fantascienza abbiamo visto che le città del futuro nell’immaginario collettivo potrebbero essere orribili e sempre immerse in nebbie e nubi.

Anche la tanto decantata ecologia dell’energia ricavata dall’idrogeno vedrebbe in realtà un enorme aumento del vapore acqueo. Siamo sicuri che ci piacerebbe vivere in un mondo in cui molta dell’acqua presente sarebbe sotto forma di nubi? Nubi pronte a scaricare pioggia torrenziale e ad oscurare il sole?

Sarebbe bella una riflessione mondiale sul problema.

P.S.: Un team di scienziati internazionale coordinati dall’università di Princerton (New Jersey) ha appena pubblicato il risultato di una ricerca sviluppata con nuove tecniche. Da essa si evince che dal 1991 ad oggi la temperatura degli oceani ha assorbito il 60% in più di calore di quanto era stato stimato dal Comitato dell’Onu per i cambiamenti climatici. Questo studio è pubblicato su Nature. L’articolo si focalizza sulla necessità di ridurre i gas serra di un 25% in più rispetto agli accordi di Parigi. Permettetemi di insistere: non basta ridurre i gas serra. Riscopriamo l’acqua calda! Cioè occorre una normativa e una tecnologia che vincoli tutti a non immettere nei fiumi acqua calda. Il raffreddamento dell’acqua dovrebbe avvenire sotto terra per non liberare nell’aria vapore acqueo.

La luna artificiale non è bio

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Dopo anni di studi e ricerche ci siamo: la città cinese di Cengdu sta compiendo i primi passi ufficiali e concreti per avere una luna artificiale! Si tratta di dotarsi di un satellite che, rispecchiando la luce solare, produce un’illuminazione cittadina (maggiore di quella della luna piena di ben otto volte!)  che dovrebbe permettere di spegnere i lampioni. Se il progetto troverà i finanziamenti sarà realizzato nel 2020. Dovrebbe essere possibile regolare l’accensione da terra e nelle mire dei promotori oltre al risparmio energetico c’è anche quello del richiamo turistico dato che portà essere visto da terra in un raggio tra i 10 e gli 80 chilometri. Insomma dietro all’idea vi è come sempre soprattutto una motivazione economica. Denaro, cosa non si fa per te?

Per il vil denaro è davvero possibile che l’ecologia di un vasto territorio possa essere disturbata  senza che nessuno possa sollevare problemi, riflessioni, discussioni?

La luna, quella vera, per la vita di questo nostro pianeta, rappresenta una calendario celeste. Ovviamente il riposo notturno di tutti gli esseri viene influenzato dalla luna. Ma moltissime altre cose subiscono gli effetti delle fasi lunari  dalle maree, al ciclo mestruale delle donne e molto, molto altro. Molto altro di cui forse non siamo nemmeno a conoscenza perchè la nostra scienza non ha ancora indagato tutto. Infatti la vita che si è evoluta sulla terra non ha mai fatto a meno dell’influenza lunare. Tutto ciò che vive, che è bio, si è adattato alla presenza della luna e ne ha tratto giovamento. Riesco ad immaginare che solo alcuni esseri che si sono adattati a vivere nelle grotte o negli abissi marini, là dove non arriva nemmeno la luce solare, possono vivere senza la luna e le sue fasi.

Un sovvertimento ecologico di così grande portata dovrebbe essere ponderato molto di più. Oppure si pensa di attuarlo per verificare in un enorme esperimento scientifico che effetti si produrranno sugli esseri viventi, umani compresi? A Chengdu tutto e tutti saranno trasformati in cavie inconsapevoli?

In Cina bastano pochi politici locali e pochi scienziati per mettere in discussione il ritmo circadiano di miliardi di esseri viventi? Laggiù l’umanità è divenuta ormai così poco umile da ritenere di potersi svincolare dal proprio ecosistema così  grandemente solo col lancio di un satellite?

Pensiamo, per assurdo, se dal 2020 dovesse innescarsi una corsa mondiale al satellite “luna artificiale”, cosa accadrebbe ? Forse sarebbe l’inizio di un disastro ecologico planetario: sic!

A questo punto dell’evoluzione della nostra specie si sente l’esigenza di un rinsavimento collettivo. Come minimo almeno di una riflessione condivisa.

Sarebbe bello che vi fosse un ambito internazionale, riconosciuto da tutti i popoli, in cui discutere democraticamente se certe iniziative scientifiche possano/debbano essere ricercate e realizzate effettivamente. Forse dare vita ad una specie di Onu degli scienziati sarebbe utile per supportare i politici di tutto il mondo.

Certo l’Onu politica non ha mai brillato per efficienza e si sta dimostrando un’utopia mal concepita. L’umanità però è arrivata ad un punto tale che necessita di maggiore consapevolezza e riflessione collettiva.

L’amianto è un minerale…

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Avevo circa 10 anni quando mio padre Umberto, appassionato di mineralogia, mi presentò l’amianto. Prese in mano una roccia da una cava che stavamo esplorando e mi mostrò alcuni filamenti argentei che sembravano i capelli di quel minerale grigio chiaro: “questo minerale si chiama amianto” mi disse. Era proprio per trovarlo che mi aveva condotta in quella cava rocciosa in una località in Piemonte o in Lombardia che non saprei ricordare. (Forse eravamo nei pressi del Monte San Vittore a Balangero in provincia di Torino?)

L’amianto era nel suo contesto naturale?Apparentemente sì: era un minerale che si trovava mischiato assieme ad altre rocce. Campioni di amianto simili erano sparsi tra le altre rocce della cava un po’ qui, un po’ là. Intorno c’era una verde valle senza abitazioni vicine.

Però era in una cava a cielo aperto: quindi era stata l’azione di scavo dell’uomo che lo aveva esposto all’azione pericolosa del vento… In natura l’amianto è un minerale che se ne sta tranquillo sotto terra!

Mio padre tornò a casa con il suo campione di minerale per la sua collezione e la vicenda per me si chiuse così. Già, perchè in quegli anni anni ancora non si sapeva della malattia causata ai polmoni quando inalano particelle di quei bei filamenti che mi erano sembrati bei capelli argentei!

Ripenso spesso a quell’esperienza soprattutto da quando si è messa in relazione la malattia asbestosi con le fibre di amianto. Penso che per fortuna quella zona era isolata perchè sicuramente lì il vento poteva sollevare le particelle di amianto e renderle pericolose per la salute dell’uomo. Ma chi lavorava in quella cava?

Nel 1967 in Italia ancora si produceva il famigerato Eternit, una specie di tetto ondulato fatto di fibrocemento contenente amianto che serviva per ricoprire capannoni e case: economico, ma velenoso!

Oggi abbiamo il problema di liberarci dell’amianto che in anni passati è entrato nella produzione industriale in tanti contesti. Quando quei prodotti pieni di amianto invecchiano, infatti, rilasciano nell’aria le fibre di amianto che possiamo respirare: fibre che una volta nei polmoni possono far insorgere l’asbestosi una malattia terribile.

Proprio per questo è da circa 25 anni che in Italia è proibito cavare amianto, ma l’amianto è un minerale che è presente in natura e a volte succede anche ciò che non ci si aspetta!

Ad esempio tempo fa negli impasti utilizzati per produrre ceramica nel distretto di Sassuolo si è rilevata la presenza di amianto. Un minerale che non ha niente a che fare con l’impasto per ceramiche. Cosa era successo? Si è scoperto che proveniva da una cava di feldspato in Sardegna nel comune di Oriani. Si cavava feldspato senza problemi finchè ci si è imbattuti in una zona che conteneva una vena di amianto. Un imprevisto. Però quell’amianto nascosto ha rischiato di far ammalare chi ha toccato quella materia prima polverosa e volatile. (Una volta impastata e cotta come ceramica il rischio finisce perchè non è più volatile.)

Ormai in Italia sappiamo che le fibre di amianto sono pericolose e che dobbiamo proteggerci dai rischi derivanti dalla polvere di amianto, ma non siamo in grado di farlo perchè non si sa come fare.

In Germania hanno deciso che dato che l’amianto è un minerale che in natura sta sotto terra, per bonificare basta rimetterlo sotto terra impedendogli così di essere volatile e dannoso.

In Svizzera hanno obbligato tutti coloro che non vogliono disfarsi dei vecchi prodotti con amianto a verniciarli in modo da impedire il formarsi di polvere volatile.

Sarebbe bello che anche in Italia si arrivasse ad avere un protocollo per smaltire l’amianto. Penso ad esempio all’apertura di siti preposti dove poterlo interrare senza danni per chi lo deve maneggiare. A questo scopo si potrebbe rendere obbligatorio anche il fatto di doverlo inertizzare con vernice prima di  maneggiarlo per rimetterlo sotto terra. Oppure ci dobbiamo rassegnare al pericoloso fai da te tipico dell’inventiva italiana? Speriamo di no…

 

Acqua potabile ?

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La microplastica si trova ormai nell’80% dell’acqua che esce dai rubinetti.

Microplastica che entra nel corpo incistandosi nei tessuti. Nessuno ha ancora studiato i danni alla salute nostra e degli animali che ne conseguono: forse è all’origine di tumori, forse dell’Alzehimer, forse addiritura entra nell’apparato riproduttivo causando infertilità…

Infertilità umana, ma forse anche animale ? Spero che gli scienziati si dedichino allo studio dei tessuti incistati sia negi uomini che negli animali, in particolare negli apparati riproduttivi.

Sinceramente chi di noi riuscirebbe a vivere del tutto senza plastica?  La produzione annuale al mondo di plastica è di 300 milioni di tonnellate!

Ormai ovunque utilizziamo plastica e i suoi impieghi sono talmente tanti e svariati che non ci facciamo nemmeno più caso. E’ una materia talmente versatile ed economica che si è registrato un vero e proprio boom del suo utilizzo.

All’inizio i legislatori non l’hanno proprio considerata un problema. Poi però si è compreso che è un materiale altamente inquinante e invadente perchè non è biodegradabile nemmeno in 200 anni!

E’ da poco che in alcuni paesi più avanzati e sensibili vi sono leggi che incentivano l’utilizzo delle bio/plastiche più ecologiche e biodegradabili.

La plastica arriva nei più remoti villaggi e di conseguenza viene abbandomanata nell’ambiente in ogni angolo del pianeta.

E’ un problema che deve riguardare tutti noi, non dobbiamo ignorarlo, ma sarebbe bello che il mondo intero finaziasse i ricercatori che vi si dedicano.

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Il rovescio della medaglia

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Forse quest’estate mentre eravate in vacanza vi è sfuggita una notizia che a prima vista può sembrare buona, ma che ha un pericoloso rovescio della medaglia. Il problema della plastica che inquina è proprio globale! Giusto quindi che la scienza che l’ha creato ora provi a trovare delle soluzioni. La ricercatrice Federica Bertocchini, affiliata al Cnr spagnolo e in forza all’Istituto di biomedicina di Cantabria, a Santander, possiede degli alveari che necessitano di pulizia regolare per eliminare le tarme della cera (Galleria mellonella). Prese le tarme infestanti le ha messe in un normale sacchetto di plastica (polietilene), con sua grande sorpresa dopo un po’ ha notato le tarme uscire libere perchè erano riuscite mangiarsi la plastica. Da qui l’idea di studiarle meglio coinvolgendo anche due biochimici dell’università di Cambridge: Paolo Bombelli e Chris Howe. La ricerca è stata poi pubblicata sulla rivista Current Biology: le larve delle tarme della cera possono mangiare la plastica digerirla e renderla biodegradata!

A prima vista può sembrare una notizia veramente buona: Wow!

Eppure io ci vedo un rovescio della medaglia pericolosissimo per la sopravvivenza dell’intera umanità. Infatti, immaginiamo che si decida di allevare tarme della cera per poi utilizzarle nel riciclo della plastica. Immaginiamo poi che, per un incidente, la sovraproduzione di tarme della cera si disperda nell’ambiente. Immaginiamo infine che gli alveari ne vengano infestati molto più che oggi. Insomma si potrebbe rischiare che le api ne subiscano un grave danno, forse irreparabile. Ma le api sono proprio alla base dell’ecosistema! Senza di esse non vi è impollinazione e fruttificazione. Non c’è bisogno di scomodare Einstein per immaginare che in pochi anni il mondo sarebbe desertificato: l’umanità affammata! Eccolo il grave rovescio della medaglia. Dio non voglia, davvero!!!

La plastica che tanto utilizziamo e di cui non sapremmo più fare a meno sembra proprio un’invenzione demoniaca: potrebbe portare alla fine dell’ecosistema mondiale. Per ora l’unica scelta sensata che abbiamo è quella di bruciarla in forni idonei! Poi dobbiamo cercare di limitarne la produzione, l’utilizzo e la dispersione. Però vi prego, non affidiamoci all’idea di smaltirla tramite le tarme della cera, non dovrà essere quella la strada per essere ecologici! Mai e poi mai!

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Robot umanoidi per la generazione degli anni ’50?

Sul numero di Grazia del 5 ottobre 2016 mi ha colpito l’articolo a pag. 133, dove viene descritta “Nadine” un robot umanoide che è già in avanzata fase di realizzazione. La scenziata che l’ha creata, Nadia Magnenat Thalmann prevede l’utilizzo di questi robot umanoidi in un prossimo futuro. Potranno fare lavori di receptionist, ma anche di assistenza agli anziani e ai disabili. L’inconveniente più appariscente è quello che questi umanoidi “non potranno amare”. Cioè non proveranno sentimenti. Saranno programmati però per aiutare le persone.

Credo che questo progresso della scienza si rivolgerà soprattutto alle generazioni nate negli anni ’50 del ‘900. Infatti i robot saranno pronti alla produzione di massa, che ne abbatterà i costi, proprio nei prossimi anni cioè nel momento in cui invecchierà la generazione postbellica quella nata negli anni del boom demografico ed economico.

Già mi vedo vecchietta a comprare automobili che non hanno bisogno di guidatore perchè completamente elettroniche e ad essere assistita in casa da “Nadine”. Ci saranno sicuramente svantaggi occupazionali, verrà meno la figura dei badanti, ma queste persone che ora sono assai utili in Italia fra qualche anno non vorranno più esercitare questo genere di lavoro faticoso, ambiranno a posti più qualificati. Quando il lavoro di assistenza sarà meno ambito dagli immigrati di seconda generazione ecco che si affacceranno sul mercato i robottini che cercheranno di soddisfare tutte le esigenze: si perderanno posti di lavoro meno qualificati, ma se ne guadagneranno altri nel settore della robotica.

Ai parenti resterà il ruolo di dare amore e sono convinta che sia molto più facile essere premurosi ed affettuosi quando si è sollevati dal lavoro gravoso di pulizia e accudimento materiale. Sarebbe bello se tutto fosse così lineare: in realtà gli scossoni nella nostra società saranno innumerevoli e faremo tutti fatica ad adattarci alle novità.

Sarebbe bello altresì che riuscissimo a porre un limite all’uso dei robot. Infatti è auspicabile che a nessuno venga in mente di poter sostituire il ruolo genitoriale con degli umanoidi. I neonati ed i bambini avranno sempre bisogno di cure, assistenza ed educazione dati dai genitori e dalla famiglia allargata ai nonni, zii e cugini. Questi ruoli non sono mero accudimento meccanico: hanno invece bisogno di amore, tanto amore generato dall’interscambio giornaliero tra persone vere.

I robottini non potranno mai essere affettuosi e amorevoli le famiglie sì.

 

Fertilità (day o non day…)

Al di là delle polemiche sul giorno della fertilità, l’invenzione governativa di ieri 22 settembre 2016, vorrei fare alcune riflessioni.

In natura la prosecuzione della specie è garantita dall’abbondanza. Tutti gli organismi emettono in abbondanza semi e li disperdono nell’ambiente, confidando che qualcuno sopravviverà alle insidie e riuscirà a crescere per divenire adulto e poi riprodursi.

Un ciclo ripetitivo che non si preoccupa, ma confida nella provvidenza.

Semi abbamdonati al destino… Tantissimi semi.

Se si pensa che l’organismo più grande del mondo, la balena, nutre il suo enorme corpaccione di plancton, cioè di semi abbandonati dagli organismi marini, si può comprendere l’enormità della cosa.

L’evoluzione fino ad un certo punto si è accontentata dell’abbondanza; poi sono arrivati i primi esseri più complessi che necessitavano di una forma di apprendimento alla sopravvivenza: gli ovipari con le ali. I rettili sono ovipari che abandonano le loro uova al destino. Gli uccelli non possono. Sanno che devono occuparsene sia per farle schiudere, quindi necessitano della cova in un nido sicuro e caldo, sia per fare crescere i pulcini almeno finchè non apprendono a volare e a procurarsi il cibo.

Non è solo più una questione di affidarsi alla provvidenza, cosa che comunque non guasta mai, ma è anche una questione di intelligenza riproduttiva. Con gli uccelli si comincia ad avere un comportamento volto alla cura della prole; i mammiferi poi saranno ancora più coinvolti dalla faccenda. La fertilità a questo punto rimane alta, ma non così tanto quanto lo è per gli organismi inferiori.

Quanti documentari avete visto? In tutti si evidenziano le difficoltà riproduttive: a partire dalla scelta del partner, che deve dimostrarsi il migliore e più adatto alla riproduzione, alla scelta della tana, alla cura del proprio territorio di caccia per garantire cibo alla famiglia, alla crescita ed educazione dei cuccioli. Capita anche nei documentari di vedere cuccioli che non ce la fanno o perchè non sopravvivono all’inverno rigido, o perchè cadono vittime dei predatori o perchè finiscono nei guai. Però la provvidenza fa sì che la fertilità sia sufficiente a non causare eccessi nè in un senso nè nell’altro. Il più delle volte è sufficiente a regolare il tutto la presenza di un periodo ben delimitato riproduttivo: il periodo dell’estro.  Sono solo i lemming che quando sono troppi si suicidano invece di riprodursi. Negli altri casi l’abbondanza crea carestia e diminuzione della popolazione attraverso la morte anche dei soggetti adulti e quindi poi anche della quantità di cuccioli futuri.

Passiamo alle vicende dell’uomo. La fertilità non è regolata dall’estro. Ogni mese la donna produce un uovo pronto ad essere fecondato, l’uomo potrebbe fecondare tutti i giorni dell’anno. Troppa abbondanza? Forse se si pensa all’uomo come ad un animale non senziente, ma siamo dotati di possibilità di scegliere e decidere. Anche in passato lo eravamo, prima dell’invenzione dei sistemi anticoncezionali la religione si proponeva di far riflettere sul fatto che l’atto sessuale era soprattutto un atto riproduttivo e quindi andava espletato all’interno di una cornice atta a garantire la sopravvivenza del neonato: occorreva un matrimonio.

I risultati non sono mai stati soddisfacenti: troppa fertilità ha prodotto secoli di eccesso di riproduzione affidata alla provvidenza. Molte/troppe sofferenze e morti. La provvidenza spesso veniva in soccorso, ma molto spesso non bastava e così troppi neonati non avevano la possibilità di crescere o per mancanza di cibo o per mancanza di casa, o di risorse idonee, oppure per malanni dovuti a tutte queste necesità insoddisfatte. Su tutto regnava la povertà e l’ignoranza.

Solo con l’avvento della contraccezione moderna le coppie possono decidere se e quando riprodursi. Ma così hanno scelto il controllo totale e hanno abbandonato totalmente la fiducia nella provvidenza e nella natura. Si finisce col volere programmare ogni dettaglio e la fertilità se ne va.

Sarebbe bello se si riuscisse ad avere un equilibrio fra fertilità e programmazione, probabilmente è la via giusta per una società complessa come la nostra. Pensate alle migranti, si imbarcano incinte e si affidano alla provvidenza per vedere crescere le loro creature. Molte ce la fanno, certo purtroppo non tutte. Nel loro caso pesa di più il piatto della bilancia che si affida alla provvidenza e spesso ottengono una vita decorosa per i loro nati. Noi occidentali che vogliamo soprattutto certezze rischiamo la certezza di non essere più fertili… I piatti della bilancia devono trovare un equilibrio anche per noi donne occidentali…

Italia sismica

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La cartine qui sopra pubblicate rapprsentano gli aspetti fondamentali dell’Italia geologica. Sarebbe bello se fossero appese in tutti i comuni nella stanza dei sidaci così come viene esposta l’immagine del Presidente della Repubblica in carica. Andrebbero esposte anche nelle scuole e nelle sedi delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco e della Protezione civile.

Da queste andrebbe poi ricavato il profilo sismico dettagliato del territorio provinciale/comunale affinchè le amministrazioni potessero aver ben chiara la sismicità del proprio territorio e prendere opportuni provvedimenti quando dovessero redigere il Piano Regolatore.

Le cartine da sole non bastano. L’Italia è piena di laureati in geologia che difficilmente riescono a lavorare nel campo in cui hanno studiato. Sarebbe bello che le amministrazioni potessero usufruirne nell’ambito di un percorso educativo nazionale volto a spiegare i contenuti di dette cartine ad ogni nuovo cambio di amministrazione. Una sorta di corso di aggiornamente come quelli che organizza il Provveditorato gli Studi rivolto oltre che alle scuole anche agli amministratori e a tutti coloro che si devono occupare di prevenzione e soccorso in caso di sisma.

Sarebbe bello anche che le scuole, almeno quelle medie, avessero un programma che prevede lo studio della geologia assieme alla geografia.

Tutto questo percorso informativo ed educativo andrebbe abbinato ad esercitazioni antisismiche così come avviene in un Giappone, un paese che per sismicità assomiglia all’Italia.

Certo tutto questo sarebbe necessario, ma non sarebbe sufficiente a evitare disastri anche perchè il nostro paese è un susseguirsi di centri storici costruiti in epoca medioevale che occorrerebbe rendere più sicuri con enormi attività di rafforzamento edilizio. Sarebbe bello avere le risorse e le capacità tecniche per intervenire anche su questo fronte, ma le difficoltà sarebbero tantissime.

Le cartine e l’educazione invece sarebbero utilissime per intervenire sul nuovo e per dare consapevolezza a chi di dovere della serietà della questione. Forse le scuole nuove, gli ospedali nuovi, gli edifici pubblici nuovi, i ponti ecc. verrebbero realizzati con più discernimento. In Giappone, quando vi è una scossa tellurica, almeno quello che è stato costruito recentemente resiste e non crolla. Sarebbe bello poter dire altrettanto dell’edilizia italiana.