Etichetta, etichettare

Il 26 giugno 2017 saranno passati 50 anni dalla morte di Don Lorenzo Milani. “La centralità della parola” e “I care” (me ne importa) sono due frasi che ce lo rammenteranno sempre, quasi un suo marchio di fabbrica. Infatti lui nella sue scuole di San Donato e di Barbiana focalizzò come prioritario l’insegnamento dell’italiano ai suoi ragazzi. Ho intitolato questo articolo etichette, etichettare perché sono due parole che vorrei mettere a fuoco quest’oggi.

Etichetta, quanti significati ha? Tanti. Ad esempio si parla di etichetta quando ci si comporta secondo il galateo più severo: “badare all’etichetta”.

Ma occorre anche “badare all’etichetta” se si va al supermercato a fare la spesa. Solo che qui la frase assume un significato molto diverso: si tratta di leggere bene gli ingredienti scritti sull’etichetta del prodotto che si sta acquistando per essere sicuri di comprare un prodotto che va bene per noi.

E’ molto importante che le etichette siano scritte in modo chiaro, leggibile anche da chi ha poche diottrie e che siano esaurienti: vogliamo sapere da dove vengono i prodotti che stiamo per acquistare, tutti i prodotti. Non solo quelli alimentari.

Vogliamo sapere come sono composti e sarebbe bello anche che avessero vari bollini: uno che ci dicesse se sono prodotti rispettando l’ambiente; uno se sono biologici; un’altro se sono prodotti senza lavoro minorile o sfruttamento dei più deboli, col cottimo ad esempio…

Ecco vorremmo etichettare tutto in modo chiaro e informando bene i consumatori.

Etichettare in questo modo ci piacerebbe. Ma c’è un modo di etichettare che invece sarebbe bello smettesse di esistere.

Quale? Quello che di solito fa la gente verso le altre persone. Di solito ci informiamo superficialmente su di loro, magari usando i social. Ci formiamo così un’idea preconcetta.

Questo modo di etichettare tutte le persone è comodo e facile. Però è negativo perché preclude a ciascuno, anche a noi stessi, la possibilità di cambiare idea, di pensare oggi una cosa e poi ripensarci dopodomani e vederla diversamente.

Oggi su un social scriviamo una cosa. Questa ci si appiccica addosso come una etichetta che non sarà mai più possibile staccare: colla ultraresistente! Non riusciremo nemmeno ad attaccarci sopra una etichetta diversa e nuova per nascondere la vecchia, impossibile (sic!).

Quindi la sola soluzione è che si sia tutti un po’ meno pigri mentalmente: Ognuno ha diritto/dovere di cambiare idea: basta con i pre-giudizi. Smettiamola di essere superficiali nei rapporti con gli altri!

Glocal è meglio

Navi merci lunghe 400 metri piene di container. Per farli sbarcare tutti occorrono qualcosa come 20 mila Tir, o alcune centinaia di treni-blocco specializzati.

Questo è il futuro che ci si sta aspettando a Livorno dove si sta per costruire una nuova darsena in grado di accogliere simili giganti del mare.

Il 1° dicembre 2001 la Cina è entrata a far parte del WTO. A questa data si può far risalire ufficialmente l’inizio della globalizzazione.

15 anni dopo negli Usa, inaspettatamente, è diventato presidente Donald Trump: il suo programma politico dovrebbe segnare un ridimensionamento della globalizzazione. Gli operai americani che hanno visto trasferirsi le loro industrie manifatturiere in Cina ora sono stanchi e hanno votato chi ha promesso di far tornare le industrie e il lavoro.

Probabilmente molte industrie torneranno a produrre negli Usa per via della nuova politica delle tasse che premia chi produce negli Stati Uniti e penalizza chi ne rimane fuori.

Siamo proprio sicuri di voler accogliere 20 mila tir sulle nostre strade e sui nostri malandati ponti ogni volta che attraccherà una nave?

Siamo proprio sicuri che le previsioni logistiche del porto di Livorno saranno quelle più probabili?

Non sarebbe meglio capire come evolverà il commercio mondiale?

Oppure c’è chi pensa che le merci prodotte in Cina che ora servono ad alimentare il mercato negli Usa, dopo Trump, verranno semplicemente dirottate sul mercato d’Europa?

Glocal sarebbe molto meglio. Cioè lasciare ai trasporti a lungo raggio solo le merci e le materie prime che non si possono recuperare più vicino.

L’ambiente sarebbe più pulito e il lavoro a “km zero” se ne avvantaggerebbe.

Anche i cinesi avrebbero condizioni di lavoro migliori e qualità della vita più alta: le merci che producono finirebbero per alimentare il loro mercato interno che non è certo piccolo!

Macro/micro problema

Aiuto! Abbiamo e avremo sempre più un problema!

Macro problema perché è già enormemente diffuso e si sta diffondendo in modo esponenziale.

Micro perché si tratta delle micro-plastiche.

La plastica che non è biodegradabile, lo sanno tutti ormai.

Nel mondo la plastica subisce di solito tre destini: il peggiore è quando finisce dispersa nell’ambiente; quello un po’ meno peggio è quando finisce nella raccolta differenziata. Infine può finire come carburante (è pur sempre un derivato del petrolio) nei forni ad alta temperatura. Forni che possono produrre teleriscaldamento, oppure possono far parte di un impianto cementizio, oppure possono semplicemente essere inceneritori di rifiuti indifferenziati.

In Italia questa opzione di bruciare la plastica non è amata e si cerca di non usarla per via del fatto che la combustione produce diossina e altri fumi tossici. All’estero è molto più diffusa però hanno usato la tecnologia per risolvere il problema dei fumi: hanno aumentato la temperatura dei forni,  hanno  allungato i camini e li hanno dotati di abbattitori di fumi tecnicamente migliori rendendoli cioè in grado di captare più sostanze dannose, in alcuni casi hanno anche deciso di convogliare i fumi tossici sotto terra come gas.

Comunque nel mondo il problema delle micro-plastiche è sempre più enorme perché incontrollabile e irrisolvibile. Per risolverlo occorrerebbe un’invenzione geniale: la calamita da plastica (ma mi sembra veramente fantascienza).

Qualsiasi plastica (eccetto quella che finisce in un inceneritore a norma) tende con gli anni non a bio-degradarsi cioè a sciogliersi nell’ambiente rientrando nel ciclo biologico in modo naturale, ma a spezzarsi e a ridursi in particelle sempre più microscopiche.

Queste microparticelle entrano nell’alimentazione di pesci, uccelli, mucche e animali selvatici in modo del tutto inconsapevole: sono microscopiche.

Recentemente ho visto in un documentario delle immagini che mi hanno veramente inquietato. In un laboratorio si osservava la carne di un pesce al microscopio. Ebbene solo col microscopio si riusciva a vedere un frammento microscopico di plastica rossa incastrato tra le fibre muscolari del pesce! Ma si vedeva bene proprio perché era rossa la plastica e i muscoli del pesce erano rosa chiari. E se invece la plastica fosse stata trasparente l’avemmo vista in quel muscolo? Ho paura di no. Il sangue di quel pesce aveva trasportato nelle fibre dei suoi muscoli assieme agli alimenti naturali e sani anche la micro-plastica. I suoi muscoli non sapendo come utilizzare quella cosa innaturale l’avevano incistata tra le loro fibre. Il pesce non ha sviluppato malattie (o per lo meno è stato pescato prima la plastica gliele provocasse e che apparisse visibilmente malato). Quindi quel pesce ad occhio nudo, cioè alla vista del consumatore e anche dei controllori alimentari quali i nostri Nas appariva perfetto: ottimo da mangiare.

Allora la conclusione logica è che miliardi di miliardi di altri frammenti microscopici, sono già in circolo nel mondo e nella catena alimentare, anche quella che arriva fino a noi umani.

Come possiamo essere sicuri che non rientrino tra le cause di malattie e tumori? Nessuno ha ancora fatto ricerche in tal senso.

Sappiamo che i macro pezzi di plastica finiscono negli stomaci dei cetacei o degli uccelli, e che spesso sono tali e tanti che li uccidono. E’ facile per qualsiasi scienziato fare ricerche causa/effetto in questi casi perché questi pezzi di plastica sono visibili a occhio nudo. Se si pesca un pesce o un mammifero che ha nello stomaco dei sacchetti di plastica o se si trova una tartaruga intrappolata in un groviglio di plastica sappiamo vedere tutti quel danno e possiamo anche provare a limitarlo. Lo stesso non si può dire delle micro-plastiche.

Da quando alla fine del secolo scorso (circa 1950) si è diffuso l’uso della plastica ad oggi se ne è prodotta tantissima nel mondo e se ne produce ancora.

Evitare di produrre plastica non servirebbe a nulla perché il danno è già tra noi. Inoltre sostituire la plastica col vetro o coi metalli e il legno sarebbe ancora meno ecologico perché queste materie prime non sono sufficienti a coprire i bisogni di tutta la popolazione mondiale.

Che fare allora?

Come possiamo e potremo impedire il diffondersi delle micro-particelle? La calamita non esiste né esisterà. L’unica cosa che già esiste è l’incenerimento.

Sarebbe bello riuscire in tutto il mondo a portare negli inceneritori idonei tutta la plastica già prodotta e utilizzata fino ad oggi. Sarebbe bello riuscire a farlo il prima possibile, cioè quando è ancora macroscopica cioè visibile ad occhio nudo.

Per quella già microscopica c’è solo da incrociare le dita e sperare che nuovi studi scientifici e medici possano dimostrare che la micro-plastica incistata nel nostro corpo non ci produce danni. Ma ho i miei dubbi.

Sappiamo già che le micro-fibre di amianto incistate nei polmoni provocano l’asbestosi, perché per le micro-plastiche dovrebbe essere diverso?

Aiuto! Abbiamo un problema!

Tutto il movimento green del mondo, e soprattutto quello italiano, al momento il più irriducibile sul tema, dovrebbero smetterla di opporsi all’incenerimento della plastica nei forni idonei.

 

Via col vento

L’Italia è una lunga penisola con due grandi isole e vari arcipelaghi. La penisola è montuosa e lunga e stretta. Al sud si producono soprattutto beni alimentari, al nord soprattutto beni industriali. Gli scambi commerciali nord/sud sono notevoli. Logica vorrebbe che i nostri mari fossero solcati da grandi navi da trasporto dei camion.

Ebbene la logica in Italia non è mai così logica… Infatti storicamente i politici del nostro paese hanno privilegiato il trasporto su gomma per favorire le grandi industrie automobilistiche del nord. Per cui abbiamo investito più sulle strade che sui porti. Inoltre i porti erano/sono presidiati da forti cooperative di sinistra sindacalizzate e agguerrite con cui era difficile instaurare rapporti di lavoro moderni. Per cui i nostri porti sono stati ben lungi dall’assomigliare a quelli del grande nord europeo. Amsterdam ecc. ci hanno sempre surclassati.

Però i politici italiani sono anche da sempre famosi per i loro bla-bla e difatti io ho memoria che già 40 anni fa si parlava (solo parlava) di investire sui porti per realizzare le “autostrade del mare”. Nel frattempo  qualcosa (molto) è cambiato a livello politico e industriale: i vecchi partiti Dc, Psi e Pci sono spariti mentre le grandi industrie automobilistiche hanno de-localizzato e i sindacati dei portuali sono addivenuti a più miti consigli.

Finalmente si può riprendere a realizzare le autostrade del mare! Ed ecco che infatti cominciano a riapparire sui giornali le prime notizie al riguardo. Pare che negli ultimi anni si siano fatti buoni progressi incominciando ad investire nel settore sia per quanto riguarda le navi da trasporto dei camion sia per quello che riguarda le infrastrutture portuali e gli interporti. Però pare che in molte realtà manchi “l’ultimo miglio”, cioè l’adeguamento della viabilità locale per raccordare le autostrade ai porti. Comunque sembrerebbe che la via delle autostrade del mare cominci a prendere spessore e che sia calcolabile un aumento dei traffici e che questo cominci ad essere significativo.

Anche gli ecologisti dicono di essere contenti: meno trasporto su strada significa, infatti, meno inquinamento. Però, secondo me, c’è un però… Immaginiamo che si riesca ad arrivare ad un trasporto delle merci via mare più significativo: diciamo di riuscire a trasferire dalle strade al mare il 50% dell’attuale trasporto su gomma. Ebbene l’aria che respiriamo se ne avvantaggerebbe, ma l’acqua dei nostri mari che fine farebbe? Si sa  che le navi hanno la cattiva abitudine di pulire le loro cisterne in alto mare e noi lo capiamo quando le nostre spiagge si riempiono di schiume o di pallottole di catrame. Se già il fenomeno si è evidenziato fin qui, che i trasporti sono ancora relativamente pochi, cosa succederà in futuro? Rischiamo di rovinare le nostre belle coste e addio ecosistemi e anche industria turistica!

Bisogna pensarci prima. Bisogna pensarci ora!wind surf

Sarebbe bello che politici, armatori e cittadini ne fossero consapevoli ora prima di investire soldi in grandi navi inquinanti e dover poi piangere sui danni fatti.

Sarebbe bello se i governi favorissero con adeguati incentivi fiscali l’investimento su navi da trasporto più ecologiche anche perché ormai sono fattibili grazie alle nuove tecnologie: moderni velieri alimentati con motori a gas. Sono queste le navi che dovrebbero solcare i nostri bei mari ed avvicinarsi alle nostre belle coste. Ormai abbiamo anche la possibilità di rifornirle di gas in alto mare con gli Olt come quello attivo davanti alla costa livornese. Sarebbe bello che tutti avessero lo sguardo avanti per garantire un futuro migliore a tutti.

Essere o non essere – ridere o non ridere

Siamo bombardati da spam. Fra queste fa capolino spesso un commento salace o spiritoso all’attualità politica italiana o straniera. Il sorriso o la risata spesso ci scappa, però c’è un rovescio della medaglia. Il fatto che girino le battute spiritose sarebbe indice di interesse per i fatti del giorno. La satira nell’epoca moderna c’è sempre stata.

Ma i proverbio popolare dice saggiamente: il riso abbonda sulla bocca degli stolti…

Anche nell’epoca antica esistevano i giullari del re. Servivano a divertire il re e la sua corte: chi ride non pensa ad abbattere il re, non fa congiure….

L’ipotesi è che di troppe battute si avvantaggi il governo in carica (è un discorso generico non riferito al qui e adesso).

Il secondo proverbio che ci dà da riflettere è: il troppo stroppia.

Ricevendo tante battutine tutti i giorni finiamo per sorridere e tutto finisce lì. Non ci viene voglia di impegnarci nella società per migliorare le cose. Affrontiamo i problemi con superficialità e una scrollata di spalle.

Il terzo proverbio è: fare di tutte le erbe un fascio.

Finiamo infatti col pensare che tutti i politici siano uguali e che non si possa migliorare alcunché. Diventiamo fatalisti e sfiduciati e ciò è male, malissimo.

E’ davvero questo quello che vogliamo insegnare alle nuove generazioni?

Oppure pensiamo di poter risolvere i problemi con un semplice click o con un “mi piace” e fatto questo riteniamo di aver chiuso la questione.

Infine vorrei chiudere con una considerazione diversa: dice il Tao che i saggi spesso sorridono delle piccolezze umane perché sanno che la verità è più complessa. Ritenete che questo continuo sorridere ci porterà ad essere tutti dei saggi taoisti? Non mi farei illusioni…

Io mi contenterei di sapere che sorridere ci aiuta a divenire tutti elettori più partecipi e attenti a come e chi votiamo.

Inoltre bisogna stare molto attenti anche alle bufale che girano in rete. Basta niente per trasformare un buon candidato in una pessima persona: basta una calunnia in rete.

La democrazia è una cosa estremamente delicata, va coltivata con cura da tutti. I nostri antenati hanno fatto battaglie sanguinose per conquistarla, spero non sarà la nostra epoca di social ad affossarla.

Pc e smart phone in dose omeopatica

Scrivere poco. Scrivere solo quando si è sicuri di avere qualcosa da dire. Quando ho aperto il blog non volevo farmi travolgere dal mezzo. La mia vita di prima non ne doveva essere stravolta altrimenti mi sarei sentita alienata da me stessa. Essere connessi sempre è disumanizzante, si rischia di perdere la capacità di riflettere con se stessi e la capacità di guardare negli occhi le persone e comprenderle.

L’Iphone compie 10 anni, ormai i Pc sono su ogni scrivania, abbiamo il mondo a portata di mano, di occhi e di orecchie, ma l’umanità rischia di perdersi ed è un problema che è anche difficile da percepire per la maggior parte delle persone iperconnesse. Come puoi capire di aver bisogno di silenzio se non ne hai mai gustato i pregi? Come puoi sentire la mancanza di un contatto visivo con gli amici quando sei abituato a frequentarli quasi solo on line? E l’empatia? Dove può essere andata a finire se anche quando si è insieme non si staccano gli occhi dallo schermo del cellulare?

Sembra che per rapportarsi con gli altri sia suffciente digitare, guardare foto, oppure ascoltare, ma l’empatia è molto più intima e profonda e solo con i vecchi sistemi di frequentarsi può nascere e svilupparsi.

La mia generazione, almeno, anche se si è fatta travolgere ed è iperconnessa, conserva un lontano ricordo di come era vivere senza la rete. Ma le nuove generazioni, come potranno sapere che stanno perdendo la loro umanità se non l’hanno mai vissuta davvero?

Siamo arrivati al punto in cui gli adulti che si ricordano come eravamo più umani senza wifi, si devono porre il problema di non far perdere l’umanità ai giovani garantendo loro tempi e spazi lontani dagli smart phone, in cui possano essere persone vere e non prolungamenti della rete.

Sarebbe bello se nelle scuole si usasse l’orario pomeridiano, quello fuori dalle lezioni, per vivere. Uno spazio e un tempo in cui si vive senza essere connessi. Lì si farebbe esperienza di umanità, amicizia, empatia. Solo vivendo davvero alcune ore al giorno i giovani potranno scoprire che il mondo può essere interessante e vivido anche senza smart phone. E per farlo hanno bisogno di tempi e spazi dove ci si frequenta senza utilizzare la rete, luoghi e modi dove si visita il mondo e la natura senza schermi.

Sarebbe bello che si riuscisse tutti a usare la rete in dosi omeopatiche!

 

Amarcord

Il 2017 sarà l’anno in cui tutti i nodi italiani verranno al pettine? I problemi di bilancio della banca Monte dei Paschi di Siena non si riusciranno a risolvere e la crisi di quest’istituto bancario che ha più di 600 anni trascinerà con sé, in un enorme effetto domino, tutto il resto del sistema bancario e quindi verrà scossa tutta l’economia del Paese?

Amarcord: mi ricordo era la primavera del 1987, sui giornali si leggeva che il debito pubblico italiano era di 1.000.000 (un milione) di 000.000.000 (miliardi): un milione di miliardi di lire! Mi sembrava una cifra enorme e mi domandavo, da semplice cittadina, cosa sarebbe stata l’eredità che la nostra generazione (quella che aveva fatto le battaglie studentesche nel’68) avrebbe lasciato ai propri figli: un buco di bilancio stratosferico. A Milano il panorama politico sembrava sempre uguale: Democrazia Critiana, Partito Comunista Italiano, Partito Socialista Italiano, Partito Repubblicano Italiano, Movimento Sociale… Cioè tutti quei partiti che avevano ridotto i conti pubblici così male. A Milano, ma quel giorno io e mio marito avevamo portato a pattinare sul ghiaccio le due figlie di 8 e 6 anni a Varese. Poiché si aspettavano le elezioni politiche per strada c’erano i manifesti elettorali e fra questi, lì a Varese, mi colpì quello di un partito che non avevo mai visto prima, la Lega Lombarda. C’era anche la sede di quel partito in pieno centro città. Per curiosità salimmo al primo piano e trovammo ad accoglierci una persona a cui io chiesi subito come pensavano di risolvere il problema del debito pubblico enorme. Quella persona attaccò a spiegarci di come i problemi del Paese nascessero dal fatto che l’Italia era centralista e che tutte le risorse prodotte al Nord andassero sprecate e/o rubate da Roma: la soluzione sarebbe stata di comandare a casa nostra, gestendo al Nord le tasse del Nord ed eliminando così molti sprechi e ruberie. Bisognava portare il federalismo, di tipo svizzero, in Italia. Un discorso così ci sembrò veramente nuovo e mai sentito e ci convincemmo a tesserarci, lasciammo i nostri indirizzi, di milanesi, a quel signore dicendogli che se avessero avuto bisogno di aiuto a Milano ci chiamassero. Solo mesi dopo ci rendemmo conto di aver parlato con Umberto Bossi, nel frattempo eletto Senatore (mentre Leoni fu eletto alla Camera). Solo dopo l’estate fummo chiamati ad assistere ad un incontro pubblico al Palazzo delle Stelline a Milano tenuto da Roberto Ronchi, era presente tutta la Lega di Milano, cioè una decina di persone, e in tutto il pubblico non arrivava a 20. Cominciai ad impegnarmi attivamente nel movimento milanese senza immaginare che dopo due anni avremmo conquistato il sindaco a Milano! Un balzo da giganti (simile a quello che ora stanno avendo i grillini). Ma sono passati 29 anni da allora e io ho nipotini e il federalismo non è arrivato, e però il debito pubblico è diventato stratosferico, il tutto nonostante si sia passati all’Euro, cioè 1 euro sia stato cambiato per 2000 lire circa (enorme inflazione).

Questo è il mio amarcord che in dialetto romagnolo vuol dire “mi ricordo” però in italiano suona come ricordo amaro. Amaro perché nonostante tutto l’impegno prodigato in questi anni le mie figlie e i miei nipotini erediteranno solo i cocci dell’Italia. Sarebbe bello che il 2017 riuscisse a smentirmi e che si trovasse il modo di districare questi nodi enormi con la politica, ma io ho paura che ne vedremmo delle belle (o delle brutte ahimè): arriverà la Troika e ci darà una medicina talmente amara fra tagli e tasse che rischierà di trasformarsi in veleno… Insomma siamo tra due fuochi, finire a gambe all’aria per via dell’effetto domino, o, finire a gambe all’aria per la Troika. Non so cosa augurarsi.

L’Italia non sarà più tale, si spezzerà in più realtà.

Nostalgia

Referendum costituzionale. Ora che i giochi sono quasi fatti, che manca pochissimo al voto, mi sta scattando un grande moto di nostalgia per l’Assemblea costituente che fu nel dopoguerra lo strumento che usarono i padri fondatori della patria per darsi l’attuale Costituzione. Perché comunque andranno le cose il prossimo 4 dicembre e soprattutto se i sondaggi (come accade spesso recentemente) avranno torto evincerà il sì dal 5 dicembre l’Italia avrà una nuova Costituzione decisa a colpi di maggioranza di governo.

Si rischia cioè di avere una Costituzione voluta da pochi oppure, peggio ancora, da solo una parte politica, cioè una Costituzione divisiva.

Per scongiurare tutto questo sarebbe bello che tutti, tutti, andassero a votare il 4 dicembre: avremmo almeno la certezza che il risultato del voto rispecchi la volontà popolare della maggioranza dei cittadini.

L’Assemblea costituente dei padri fondatori dell’Italia repubblicana almeno era composta da tutto il quadro politico esistente allora e il testo che venne promulgato era frutto di lunghe discussioni e compromessi tra le varie parti: era un testo condiviso, non divisivo! Rispecchiava la volontà popolare di allora.

Al contrario, se vincerà il Sì con una partecipazione al voto scarsa, non plebiscitaria, la nostra generazione trasmetterà alle generazioni future un testo che rappresenterà pochi cittadini e molti si sentiranno esclusi, questo non mi piace: ecco perché ho nostalgia dello strumento politico dell’Assemblea costituente. Se si fosse usato quello strumento, e non un testo promulgato dal governo, per redigere nuovi articoli della Costituzione, mi sarei sentita più tranquilla.

Vi prego convincete tutti ad andare a votare, la nuova Costituzione dovrà essere decisa dal popolo non da quattro gatti.

Ma quale élite ?

electionday2

Sorpresona! Ha vinto Trump. Ma come ? Tutti i sondaggi dicevano che avrebbe vinto la Clinton…

Tutti i sondaggisti hanno sbagliato, perchè?

Ora tutti se lo chiedono e molti cominciano a darsi delle risposte del tipo: c’è uno scollamento fra i giornali e i loro lettori, una distanza tra il pensiero delle élites radical chic che viene diffuso dai mass media e il popolo che va a votare. E allora che si fa?

Bisogna capire e per capire bisogna entrare nella pelle degli elettori bianchi americani, cioè della maggioranza della popolazione.

Ma come si fa? Dopo decenni in cui la classe al potere si è prodigata per tutelare ogni tipo di minoranza, di colore, sessuale ecc. ora ha perso la capacità di comprendere la maggioranza.

Maggioranza che, con la globalizzazione, ha visto diminuire la propria possibilità di lavorare conoscendo la disoccupazione e ha visto diminuire le proprie entrate.

Generazioni che hanno visto sciogliersi come neve al sole il “sogno americano” per cui tu farai fortuna, ma i tuoi figli ne faranno più di te. E loro, che non hanno neppure un “Grillo parlante” che teorizza la “decrescita felice” che fanno? Abbandonano il pensiero buonista del “politically correct” e votano colui che promette di tornare a sognare.

Dove è lo scandalo? Anche in natura il capobranco porta il suo branco a cacciare o pascolare dove spera ci sia più ricchezza di cibo. E’ buonsenso bio: legge della sopravvivenza.

Allora la vera domanda era un’altra: l’élite è ancora tale?

Come era possibie che i radical chic, davanti all’impoverimento della classe media che va avanti da anni, pensassero che la loro dittatura del pensiero unico buonista avesse ancora presa su famglie che non riescono ad arrivare a fine mese?

La risposta è che questa non è più un’élite.

Infatti l’élite dovrebbe essere classe dirigente, cioè classe che vede avanti cioè prima del branco e sa capire che aria sta per tirare e dirige le masse nella direzione del cambiamento.

Nel momento in cui questo non avviene più, cioè quando il branco comincia a soffrire la fame è giusto che il capobranco ormai bolso venga sostituito da un nuovo capo, più  capace di dirigersi verso pascoli più ricchi e zone meno pericolose. Il branco seguirà il nuovo leader. Lo seguirà fintanto che troverà modo di farlo prosperare.

In politichese attuale: fuori la vecchia classe dei benpensanti e avanti il nuovo, anche se non è politically correct, purchè sia un nuovo che fa intravedere pascoli più ricchi per tutti. Ecco perchè ha vinto Trump.

Perchè i sondaggi non hanno intercettato il cambiamento?

Perchè la gente aveva paura di esprimersi in pubblico per via della dittatura del politically correct buonista e benpensante. Ma nel segreto dell’urna…

P.S.: Ho dedicato la mia tesi di laurea ai movimenti rivoluzionari e la mia tesina alle dinamiche delle élites. Ho approfondito il tutto sul piano pratico quando ho partecipato alla nascita della Lega a Milano e alla sua presa del potere nel giro di pochi anni con la vittoria del sindaco Formentini. Ho spiegato come si potessero definire, già allora, il leghismo come un movimento rivoluzionario e la sua classe dirigente come una nuova élite in pectore. Ho scritto di tutto ciò, rivisitando tesi e tesina, nel 1997, nel mio libro: “A proposito della Lega Nord e dell’ideale federalista – filosofia politica per le società occidentali del 2000” Editoriale Viscontea. Queste dinamiche le conosco benissimo da anni!

The young Pope

 

Il nuovo telefilm di Sorrentino: The Young Pope inizia con un bellissimo quesito: siete in grado di dimostrare  che Dio non esiste?

Ovviamente nessuno è in grado di dimostrarlo.

Siamo invece in grado di dimostrare la complessità dell’Universo e addirittura ci sono buone probabilità che l’Universo non sia unico ma sia in realtà un Multiverso!

La fisica teorica è in grado di dimostrare tutto ciò e il video seguente ne è la dimostrazione: un Multiverso che si basa sulle proprietà della LUCE.

Siamo quindi vicini alla verità? La luce è Dio?