Essere o non essere – ridere o non ridere

Siamo bombardati da spam. Fra queste fa capolino spesso un commento salace o spiritoso all’attualità politica italiana o straniera. Il sorriso o la risata spesso ci scappa, però c’è un rovescio della medaglia. Il fatto che girino le battute spiritose sarebbe indice di interesse per i fatti del giorno. La satira nell’epoca moderna c’è sempre stata.

Ma i proverbio popolare dice saggiamente: il riso abbonda sulla bocca degli stolti…

Anche nell’epoca antica esistevano i giullari del re. Servivano a divertire il re e la sua corte: chi ride non pensa ad abbattere il re, non fa congiure….

L’ipotesi è che di troppe battute si avvantaggi il governo in carica (è un discorso generico non riferito al qui e adesso).

Il secondo proverbio che ci dà da riflettere è: il troppo stroppia.

Ricevendo tante battutine tutti i giorni finiamo per sorridere e tutto finisce lì. Non ci viene voglia di impegnarci nella società per migliorare le cose. Affrontiamo i problemi con superficialità e una scrollata di spalle.

Il terzo proverbio è: fare di tutte le erbe un fascio.

Finiamo infatti col pensare che tutti i politici siano uguali e che non si possa migliorare alcunché. Diventiamo fatalisti e sfiduciati e ciò è male, malissimo.

E’ davvero questo quello che vogliamo insegnare alle nuove generazioni?

Oppure pensiamo di poter risolvere i problemi con un semplice click o con un “mi piace” e fatto questo riteniamo di aver chiuso la questione.

Infine vorrei chiudere con una considerazione diversa: dice il Tao che i saggi spesso sorridono delle piccolezze umane perché sanno che la verità è più complessa. Ritenete che questo continuo sorridere ci porterà ad essere tutti dei saggi taoisti? Non mi farei illusioni…

Io mi contenterei di sapere che sorridere ci aiuta a divenire tutti elettori più partecipi e attenti a come e chi votiamo.

Inoltre bisogna stare molto attenti anche alle bufale che girano in rete. Basta niente per trasformare un buon candidato in una pessima persona: basta una calunnia in rete.

La democrazia è una cosa estremamente delicata, va coltivata con cura da tutti. I nostri antenati hanno fatto battaglie sanguinose per conquistarla, spero non sarà la nostra epoca di social ad affossarla.

Pc e smart phone in dose omeopatica

Scrivere poco. Scrivere solo quando si è sicuri di avere qualcosa da dire. Quando ho aperto il blog non volevo farmi travolgere dal mezzo. La mia vita di prima non ne doveva essere stravolta altrimenti mi sarei sentita alienata da me stessa. Essere connessi sempre è disumanizzante, si rischia di perdere la capacità di riflettere con se stessi e la capacità di guardare negli occhi le persone e comprenderle.

L’Iphone compie 10 anni, ormai i Pc sono su ogni scrivania, abbiamo il mondo a portata di mano, di occhi e di orecchie, ma l’umanità rischia di perdersi ed è un problema che è anche difficile da percepire per la maggior parte delle persone iperconnesse. Come puoi capire di aver bisogno di silenzio se non ne hai mai gustato i pregi? Come puoi sentire la mancanza di un contatto visivo con gli amici quando sei abituato a frequentarli quasi solo on line? E l’empatia? Dove può essere andata a finire se anche quando si è insieme non si staccano gli occhi dallo schermo del cellulare?

Sembra che per rapportarsi con gli altri sia suffciente digitare, guardare foto, oppure ascoltare, ma l’empatia è molto più intima e profonda e solo con i vecchi sistemi di frequentarsi può nascere e svilupparsi.

La mia generazione, almeno, anche se si è fatta travolgere ed è iperconnessa, conserva un lontano ricordo di come era vivere senza la rete. Ma le nuove generazioni, come potranno sapere che stanno perdendo la loro umanità se non l’hanno mai vissuta davvero?

Siamo arrivati al punto in cui gli adulti che si ricordano come eravamo più umani senza wifi, si devono porre il problema di non far perdere l’umanità ai giovani garantendo loro tempi e spazi lontani dagli smart phone, in cui possano essere persone vere e non prolungamenti della rete.

Sarebbe bello se nelle scuole si usasse l’orario pomeridiano, quello fuori dalle lezioni, per vivere. Uno spazio e un tempo in cui si vive senza essere connessi. Lì si farebbe esperienza di umanità, amicizia, empatia. Solo vivendo davvero alcune ore al giorno i giovani potranno scoprire che il mondo può essere interessante e vivido anche senza smart phone. E per farlo hanno bisogno di tempi e spazi dove ci si frequenta senza utilizzare la rete, luoghi e modi dove si visita il mondo e la natura senza schermi.

Sarebbe bello che si riuscisse tutti a usare la rete in dosi omeopatiche!

 

Nostalgia

Referendum costituzionale. Ora che i giochi sono quasi fatti, che manca pochissimo al voto, mi sta scattando un grande moto di nostalgia per l’Assemblea costituente che fu nel dopoguerra lo strumento che usarono i padri fondatori della patria per darsi l’attuale Costituzione. Perché comunque andranno le cose il prossimo 4 dicembre e soprattutto se i sondaggi (come accade spesso recentemente) avranno torto evincerà il sì dal 5 dicembre l’Italia avrà una nuova Costituzione decisa a colpi di maggioranza di governo.

Si rischia cioè di avere una Costituzione voluta da pochi oppure, peggio ancora, da solo una parte politica, cioè una Costituzione divisiva.

Per scongiurare tutto questo sarebbe bello che tutti, tutti, andassero a votare il 4 dicembre: avremmo almeno la certezza che il risultato del voto rispecchi la volontà popolare della maggioranza dei cittadini.

L’Assemblea costituente dei padri fondatori dell’Italia repubblicana almeno era composta da tutto il quadro politico esistente allora e il testo che venne promulgato era frutto di lunghe discussioni e compromessi tra le varie parti: era un testo condiviso, non divisivo! Rispecchiava la volontà popolare di allora.

Al contrario, se vincerà il Sì con una partecipazione al voto scarsa, non plebiscitaria, la nostra generazione trasmetterà alle generazioni future un testo che rappresenterà pochi cittadini e molti si sentiranno esclusi, questo non mi piace: ecco perché ho nostalgia dello strumento politico dell’Assemblea costituente. Se si fosse usato quello strumento, e non un testo promulgato dal governo, per redigere nuovi articoli della Costituzione, mi sarei sentita più tranquilla.

Vi prego convincete tutti ad andare a votare, la nuova Costituzione dovrà essere decisa dal popolo non da quattro gatti.

Ma quale élite ?

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Sorpresona! Ha vinto Trump. Ma come ? Tutti i sondaggi dicevano che avrebbe vinto la Clinton…

Tutti i sondaggisti hanno sbagliato, perchè?

Ora tutti se lo chiedono e molti cominciano a darsi delle risposte del tipo: c’è uno scollamento fra i giornali e i loro lettori, una distanza tra il pensiero delle élites radical chic che viene diffuso dai mass media e il popolo che va a votare. E allora che si fa?

Bisogna capire e per capire bisogna entrare nella pelle degli elettori bianchi americani, cioè della maggioranza della popolazione.

Ma come si fa? Dopo decenni in cui la classe al potere si è prodigata per tutelare ogni tipo di minoranza, di colore, sessuale ecc. ora ha perso la capacità di comprendere la maggioranza.

Maggioranza che, con la globalizzazione, ha visto diminuire la propria possibilità di lavorare conoscendo la disoccupazione e ha visto diminuire le proprie entrate.

Generazioni che hanno visto sciogliersi come neve al sole il “sogno americano” per cui tu farai fortuna, ma i tuoi figli ne faranno più di te. E loro, che non hanno neppure un “Grillo parlante” che teorizza la “decrescita felice” che fanno? Abbandonano il pensiero buonista del “politically correct” e votano colui che promette di tornare a sognare.

Dove è lo scandalo? Anche in natura il capobranco porta il suo branco a cacciare o pascolare dove spera ci sia più ricchezza di cibo. E’ buonsenso bio: legge della sopravvivenza.

Allora la vera domanda era un’altra: l’élite è ancora tale?

Come era possibie che i radical chic, davanti all’impoverimento della classe media che va avanti da anni, pensassero che la loro dittatura del pensiero unico buonista avesse ancora presa su famglie che non riescono ad arrivare a fine mese?

La risposta è che questa non è più un’élite.

Infatti l’élite dovrebbe essere classe dirigente, cioè classe che vede avanti cioè prima del branco e sa capire che aria sta per tirare e dirige le masse nella direzione del cambiamento.

Nel momento in cui questo non avviene più, cioè quando il branco comincia a soffrire la fame è giusto che il capobranco ormai bolso venga sostituito da un nuovo capo, più  capace di dirigersi verso pascoli più ricchi e zone meno pericolose. Il branco seguirà il nuovo leader. Lo seguirà fintanto che troverà modo di farlo prosperare.

In politichese attuale: fuori la vecchia classe dei benpensanti e avanti il nuovo, anche se non è politically correct, purchè sia un nuovo che fa intravedere pascoli più ricchi per tutti. Ecco perchè ha vinto Trump.

Perchè i sondaggi non hanno intercettato il cambiamento?

Perchè la gente aveva paura di esprimersi in pubblico per via della dittatura del politically correct buonista e benpensante. Ma nel segreto dell’urna…

P.S.: Ho dedicato la mia tesi di laurea ai movimenti rivoluzionari e la mia tesina alle dinamiche delle élites. Ho approfondito il tutto sul piano pratico quando ho partecipato alla nascita della Lega a Milano e alla sua presa del potere nel giro di pochi anni con la vittoria del sindaco Formentini. Ho spiegato come si potessero definire, già allora, il leghismo come un movimento rivoluzionario e la sua classe dirigente come una nuova élite in pectore. Ho scritto di tutto ciò, rivisitando tesi e tesina, nel 1997, nel mio libro: “A proposito della Lega Nord e dell’ideale federalista – filosofia politica per le società occidentali del 2000” Editoriale Viscontea. Queste dinamiche le conosco benissimo da anni!

Robot umanoidi per la generazione degli anni ’50?

Sul numero di Grazia del 5 ottobre 2016 mi ha colpito l’articolo a pag. 133, dove viene descritta “Nadine” un robot umanoide che è già in avanzata fase di realizzazione. La scenziata che l’ha creata, Nadia Magnenat Thalmann prevede l’utilizzo di questi robot umanoidi in un prossimo futuro. Potranno fare lavori di receptionist, ma anche di assistenza agli anziani e ai disabili. L’inconveniente più appariscente è quello che questi umanoidi “non potranno amare”. Cioè non proveranno sentimenti. Saranno programmati però per aiutare le persone.

Credo che questo progresso della scienza si rivolgerà soprattutto alle generazioni nate negli anni ’50 del ‘900. Infatti i robot saranno pronti alla produzione di massa, che ne abbatterà i costi, proprio nei prossimi anni cioè nel momento in cui invecchierà la generazione postbellica quella nata negli anni del boom demografico ed economico.

Già mi vedo vecchietta a comprare automobili che non hanno bisogno di guidatore perchè completamente elettroniche e ad essere assistita in casa da “Nadine”. Ci saranno sicuramente svantaggi occupazionali, verrà meno la figura dei badanti, ma queste persone che ora sono assai utili in Italia fra qualche anno non vorranno più esercitare questo genere di lavoro faticoso, ambiranno a posti più qualificati. Quando il lavoro di assistenza sarà meno ambito dagli immigrati di seconda generazione ecco che si affacceranno sul mercato i robottini che cercheranno di soddisfare tutte le esigenze: si perderanno posti di lavoro meno qualificati, ma se ne guadagneranno altri nel settore della robotica.

Ai parenti resterà il ruolo di dare amore e sono convinta che sia molto più facile essere premurosi ed affettuosi quando si è sollevati dal lavoro gravoso di pulizia e accudimento materiale. Sarebbe bello se tutto fosse così lineare: in realtà gli scossoni nella nostra società saranno innumerevoli e faremo tutti fatica ad adattarci alle novità.

Sarebbe bello altresì che riuscissimo a porre un limite all’uso dei robot. Infatti è auspicabile che a nessuno venga in mente di poter sostituire il ruolo genitoriale con degli umanoidi. I neonati ed i bambini avranno sempre bisogno di cure, assistenza ed educazione dati dai genitori e dalla famiglia allargata ai nonni, zii e cugini. Questi ruoli non sono mero accudimento meccanico: hanno invece bisogno di amore, tanto amore generato dall’interscambio giornaliero tra persone vere.

I robottini non potranno mai essere affettuosi e amorevoli le famiglie sì.

 

Fertilità (day o non day…)

Al di là delle polemiche sul giorno della fertilità, l’invenzione governativa di ieri 22 settembre 2016, vorrei fare alcune riflessioni.

In natura la prosecuzione della specie è garantita dall’abbondanza. Tutti gli organismi emettono in abbondanza semi e li disperdono nell’ambiente, confidando che qualcuno sopravviverà alle insidie e riuscirà a crescere per divenire adulto e poi riprodursi.

Un ciclo ripetitivo che non si preoccupa, ma confida nella provvidenza.

Semi abbamdonati al destino… Tantissimi semi.

Se si pensa che l’organismo più grande del mondo, la balena, nutre il suo enorme corpaccione di plancton, cioè di semi abbandonati dagli organismi marini, si può comprendere l’enormità della cosa.

L’evoluzione fino ad un certo punto si è accontentata dell’abbondanza; poi sono arrivati i primi esseri più complessi che necessitavano di una forma di apprendimento alla sopravvivenza: gli ovipari con le ali. I rettili sono ovipari che abandonano le loro uova al destino. Gli uccelli non possono. Sanno che devono occuparsene sia per farle schiudere, quindi necessitano della cova in un nido sicuro e caldo, sia per fare crescere i pulcini almeno finchè non apprendono a volare e a procurarsi il cibo.

Non è solo più una questione di affidarsi alla provvidenza, cosa che comunque non guasta mai, ma è anche una questione di intelligenza riproduttiva. Con gli uccelli si comincia ad avere un comportamento volto alla cura della prole; i mammiferi poi saranno ancora più coinvolti dalla faccenda. La fertilità a questo punto rimane alta, ma non così tanto quanto lo è per gli organismi inferiori.

Quanti documentari avete visto? In tutti si evidenziano le difficoltà riproduttive: a partire dalla scelta del partner, che deve dimostrarsi il migliore e più adatto alla riproduzione, alla scelta della tana, alla cura del proprio territorio di caccia per garantire cibo alla famiglia, alla crescita ed educazione dei cuccioli. Capita anche nei documentari di vedere cuccioli che non ce la fanno o perchè non sopravvivono all’inverno rigido, o perchè cadono vittime dei predatori o perchè finiscono nei guai. Però la provvidenza fa sì che la fertilità sia sufficiente a non causare eccessi nè in un senso nè nell’altro. Il più delle volte è sufficiente a regolare il tutto la presenza di un periodo ben delimitato riproduttivo: il periodo dell’estro.  Sono solo i lemming che quando sono troppi si suicidano invece di riprodursi. Negli altri casi l’abbondanza crea carestia e diminuzione della popolazione attraverso la morte anche dei soggetti adulti e quindi poi anche della quantità di cuccioli futuri.

Passiamo alle vicende dell’uomo. La fertilità non è regolata dall’estro. Ogni mese la donna produce un uovo pronto ad essere fecondato, l’uomo potrebbe fecondare tutti i giorni dell’anno. Troppa abbondanza? Forse se si pensa all’uomo come ad un animale non senziente, ma siamo dotati di possibilità di scegliere e decidere. Anche in passato lo eravamo, prima dell’invenzione dei sistemi anticoncezionali la religione si proponeva di far riflettere sul fatto che l’atto sessuale era soprattutto un atto riproduttivo e quindi andava espletato all’interno di una cornice atta a garantire la sopravvivenza del neonato: occorreva un matrimonio.

I risultati non sono mai stati soddisfacenti: troppa fertilità ha prodotto secoli di eccesso di riproduzione affidata alla provvidenza. Molte/troppe sofferenze e morti. La provvidenza spesso veniva in soccorso, ma molto spesso non bastava e così troppi neonati non avevano la possibilità di crescere o per mancanza di cibo o per mancanza di casa, o di risorse idonee, oppure per malanni dovuti a tutte queste necesità insoddisfatte. Su tutto regnava la povertà e l’ignoranza.

Solo con l’avvento della contraccezione moderna le coppie possono decidere se e quando riprodursi. Ma così hanno scelto il controllo totale e hanno abbandonato totalmente la fiducia nella provvidenza e nella natura. Si finisce col volere programmare ogni dettaglio e la fertilità se ne va.

Sarebbe bello se si riuscisse ad avere un equilibrio fra fertilità e programmazione, probabilmente è la via giusta per una società complessa come la nostra. Pensate alle migranti, si imbarcano incinte e si affidano alla provvidenza per vedere crescere le loro creature. Molte ce la fanno, certo purtroppo non tutte. Nel loro caso pesa di più il piatto della bilancia che si affida alla provvidenza e spesso ottengono una vita decorosa per i loro nati. Noi occidentali che vogliamo soprattutto certezze rischiamo la certezza di non essere più fertili… I piatti della bilancia devono trovare un equilibrio anche per noi donne occidentali…

Arriva l’autunno arriverà lo smog

Sarebbe bello che i nostri governanti fossero lungimiranti almeno sulla salute dei cittadini. Tutti gli anni in Pianura Padana si ripresenta il problema dello smog e tutti ne patiscono le conseguenze sulla salute.

Sarebbe bello se venissero messe in atto nuove politiche per limitare lo smog. Sarebbe utile ad esempio incentivare maggiormente l’utilizzo delle auto ibride.

Sarebbe doveroso attuare una politica dei trasporti pubblici più efficiente. Mi riferisco in particolare al trasporto ferroviario dedicato ai pendolari. Sono questi gli utenti che andrebbero maggiormente coccolati perchè tutti i giorni usano il treno. Sarebbe bello che non venissero soppresse corse utilissime. Sarebbe bello che anzi venissero ampliati gli orari. Sarebbe bello che i treni avessero un numero di carrozze sufficienti a far sedere tutti.

Sarebbe bello che il trasporto delle merci utilizzasse maggiormente la rete ferroviaria e i porti intermodali. Sarebbe bello che i politici incentivassero questa modalità di trasporto. L’utilizzo del trasporto su gomma dovrebbe concentrarsi sul trasporto degli ultimi 100/50 km.

Sarebbe bello che le merci che arrivano da lontano potessero viaggiare oltre che in treno anche sull’acqua. I canali navigabili dalle chiatte che caratterizzano il resto d’Europa, sarebbe bello che fossero realizzati anche in Italia, soprattutto in Pianura Padana che è ricca d’acqua. A questo scopo sarebbe bello studiare la possibilità di raddoppiare la larghezza di alcuni dei canali  già esistenti. Oppure di renderli navigabili a senso unico alternato, realizzando delle aree di sosta dei barconi fra un porto e l’altro. Tutto questo al fine di consumare poco territorio agricolo.

Sarebbe bello che i cittadini fossero consapevoli che con più navigazione si potrebbe migliorare la salute di tutti. Non solo i cittadini anche i contadini che possiedono le aree limitrofe ai canali…

Anche i porti lungo le nostre coste se fossero utilizzati maggiormente come porti intermodali potrebbero limitare l’uso del trasporto su gomma in tutto il territorio nazionale.

 

Come un seme

Perché scrivere queste pagine? Perché condividere alcune mie idee su internet?

Spesso mi domando se sia una buona cosa. In realtà non mi aspetto molto da questa scelta.

Sono fatalista: queste pagine di idee, per me, sono come fogli inseriti in una bottiglia da un naufrago. Chissà se approderanno da qualche parte?

Oggi siamo tutti un po’ soli come naufraghi. Infatti è sempre più difficile (se si esclude il web) riuscire ad instaurare un dialogo vero con qualcuno. Non si ha mai tempo. Anche se si inizia una buona conversazione con una persona, si viene subito interrotti da mille cose che premono: il telefonino, il pc, le questioni concrete e contingenti di lavoro ecc. Così finisce che non ci proviamo nemmeno più ad iniziare delle belle conversazioni. La televisione poi ci ha incoraggiato a trasformare i dialoghi o in monologhi, o in risse verbali.

Invece mi ricordo di quando, con mia nonna, facevo visita alle sue amiche, all’ora del tè. Ebbene, allora io ero piccola, ma passavo un’ora e più ad ascoltarle conversare di tutto un po’, anche di attualità e politica e non era una cosa noiosa perché le arzille vecchiette erano anche argute.

Sul web per dialogare, quindi, con alcune idee per vari spunti di conversazione. Sperando di essere arguta.

Sarebbe bello se ogni pagina del blog fosse come un seme che si lancia al vento. Se il destino vorrà cadrà su terreno fertile e germoglierà. Se invece cadrà su terreno arido seccherà. Se finirà in acqua sarà travolto dalla corrente. Chi vivrà vedrà…

Federalismo flessibile

Si può dire che il concetto federalista è un concetto buonsensobio? Io credo di sì.

Però bisogna chiarirsi su cosa si intenda per federalismo. Gli Usa sono uno stato federale, la Svizzera lo è, anche la Germania. Ma mentre il federalismo Usa non si basa su stati federati etnici quello svizzero sì. I cantoni elvetici, infatti, sono composti da  popolazioni che parlano lingue diverse. Quello tedesco è il federalismo più recente perché è nato nel dopoguerra. Nel riscrivere la Costituzione italiana a chi dovremmo ispirarci? L’Italia prima della televisione di Ettore Bernabei, recentemente scomparso, era un paese che non aveva una lingua comune: i dialetti erano il modo di esprimersi più diffuso fra la popolazione. L’italiano che ha diffuso la televisione si può definire semplice: basta andare a “lavare i panni in Arno”, come fece il Manzoni, per percepire la ricchezza della lingua italiana vera rispetto a quella che di solito usiamo.

Il dialetto origina etnie? A questa domanda è difficile rispondere. C’è chi afferma che i dialetti altro non sono che lingue che hanno perso. Ma, se ciò fosse vero, oggi noi parleremmo piemontese o addirittura francese perché furono i Savoia a fare l’unità d’Italia. Diciamo allora che il sistema regionale previsto dalla Costituzione, ma applicato solo negli anni ’70, è stato un buon compromesso perché ha diviso l’Italia su base dialettale. Peccato che l’autonomia alle regioni sia stata data male e su materie sbagliate. Altrimenti non si spiegherebbe perché la Sicilia utilizza e sperpera risorse anche statali pur tenendo le proprie entrate fiscali. Nemmeno si comprenderebbe come il Sud Tirolo riesca ad avere tutte le risorse che ha. Per non parlare delle regioni a statuto normale: qui gli abitanti ricevono da Roma pro capite delle somme molto diverse a secondo di dove risiedono. Quelli di Lombardia e Veneto versano tanto e ricevono poco e sono sempre in credito, tutti gli altri all’opposto sono in debito.

Sarebbe bello se il regionalismo fosse ripensato totalmente in una nuova Costituzione e che assomigliasse in  parte a quello tedesco e in parte a quello svizzero.

Per essere “buonsensobio” il federalismo italiano dovrebbe prevedere delle regioni più piccole, cioè con la dimensione dei Cantoni elvetici, dovrebbe essere un federalismo su base volontaria: ogni cantone decide cosa vuole amministrare e cosa invece delegare a Roma. Le tasse dovrebbero restare nei Cantoni e questi ultimi dovrebbero versare a Roma solo le risorse per la gestione dei capitoli che non vogliono seguire autonomamente.

Il federalismo italiano, cioè dovrebbe essere flessibile come un menù a la carte. Solo servizio e coperto dovrebbero rimanere invariati cioè, fuor di metafora: difesa, politica estera , ambiente centralizzati. Per le altre competenze ogni Cantone dovrebbe poter scegliere se e quanta autonomia utilizzare sul proprio territorio.

A Roma il Senato dovrebbe essere eletto direttamente dai cittadini su base cantonale e occuparsi solo di questioni devolute ai Cantoni. Così si eliminerebbe il bicameralismo perfetto e si aumenterebbe la democrazia. (Il Bundesrat è un buon punto di partenza da cui trarre esempio.)

Perché sarebbe una soluzione bio? Perché le decisioni sarebbero per lo più a “chilometro zero”. Cioè verrebbero prese da rappresentanti locali: non ci sarebbe più il centralismo romano e il centralismo regionale sarebbe minore di oggi perché il Cantone sarebbe più piccolo di una Regione attuale, sarebbe più vicino alla dimensione provinciale. I nostri rappresentanti locali e quelli al Senato non sarebbero più dei personaggi televisivi, ma delle persone che potremmo conoscere meglio, più da vicino.

Sì, sarebbe proprio bello…

Sarebbe bello se…

Sarebbe bello se… è il sottotitolo del blog buonsensobio. Perché?

Perché buon senso bio c’è quando si vuole essere creativi e propositivi. Questo blog ama i commenti che lo sono. Anche quelli leggeri e spiritosi. Invece non considera quelli che sono aggressivi, polemici e distruttivi. Perché?

Distruggere è facile: lo possono fare tutti in un attimo con le azioni o con poche parole, essere creativi  è molto, molto, più difficile e laborioso!

Le madri generano e crescono i figli così com chi coltiva rose sa che ci saranno boccioli che fioriscono ma anche spine.
Le madri generano e crescono i figli così come chi coltiva rose sa che ci saranno boccioli che fioriscono ma anche spine. Così è nutrire la vita.

Infatti creare la vita, nutrila e farla crescere, per una donna è un lavoro lunghissimo che comincia dai 9 mesi della gravidanza e, a ben guardare, non termina mai nemmeno quando i figlioli sono cresciuti. Invece basta poco per distruggere la vita: un attimo di disattenzione, un’azione violenta improvvisa, una frase da bullo… Tutto il lavoro di una donna sia di cura sia di attenzione per far crescere degli individui sani ed equilibrati può essere distrutto in un minuto.

Sarebbe bello se prima di agire in modo aggressivo pensassimo a tutto il lavoro, l’amore e alla fatica educativa e di cura della madre che ha creato quella persona.

Sarebbe bello se aggredire una vita fosse considerato come un atto di distruzione del lavoro lunghissimo di una donna; così come accadrebbe nel momento in cui venisse aggredito il lavoro lunghissimo di un uomo: ad esempio la Cappella Sistina di Michelangelo o la Gioconda di Leonardo.

Questo sempre. Sia quando la persona ci assomiglia e la pensa come noi, sia quando invece è lontanissima dal nostro modo di essere e di pensare.